mercoledì 19 novembre 2014

Un bambino conteso: «Il padre è sordo, non può tenerlo»

Grosseto, bufera dopo la richiesta del legale della mamma. L’associazione degli audiolesi presenta un esposto all’Ordine degli avvocati. Una storia d’amore naufragata, una coppia alle prese con l’affidamento del loro figlio, un bambino di due anni e una memoria difensiva presentata dall’avvocato della donna che ha mandato su tutte le furie il presidente dell’associazione Agfa che si occupa delle famiglie degli audiolesi. Perché al centro di questa vicenda fatta di carte e burocrazia c’è un giovane padre, di appena 22 anni, sordo.


Tutto è cominciato con la separazione della coppia che viveva insieme da un po’ di tempo. La donna ha chiesto l’affidamento in via esclusiva del bambino, permettendo al babbo di vederlo solo in sua presenza o con i suoi genitori. Una richiesta motivata dall’avvocato della donna proprio in virtù della difficoltà di sentire i suoni da parte del ragazzo.

Il presidente dell’Agfa, Stefano Niccoli, una volta saputa tutta la storia ha deciso di passare alle vie di fatto e nei prossimi giorni presenterà un esposto all’Ordine degli avvocati. Perché quella motivazione è, secondo Niccoli, inaccettabile. «La sordità determina un riduzione dell’intelligibilità del parlato - scrive l’avvocato nella sua memoria - Tra le conseguenze della sordità profonda, soprattutto se, come nel caso di specie, non si fa uso di un trattamento protesico-riabilitativo, vi sono oltre ai problemi di apprendimento, una o più o meno gravi forme di disattenzione, problemi di concentrazione. Questa difesa non può fare a meno di domandarsi cosa accadrebbe se, attraversando la strada con il carrozzino o con il bambino tra le braccia, il padre non sentisse il suono del clacson, o se, in casa con il figlio, non fosse in grado di rendersi conto di un imminente pericolo, come ad esempio un incendio».

Parole che per l’Agfa pesano come macigni nella vita del ragazzo che lavora nella pubblica amministrazione e che ha una vita sociale del tutto normale. «Quelle dell'avvocato sono affermazioni di una gravità estrema, discriminatorie e offensive per i giovani sordi riabilitati e per le loro famiglie. Presumiamo che sicuramente non voleva essere questo il suo intento perché ciò sarebbe un fatto gravissimo ed anacronistico, oltre che contro le norme dello Sato e ci auguriamo che siano frutto di superficialità e di mancanza di conoscenza scientifica delle problematiche inerenti l’ipoacusia».

È Niccoli a entrare nel merito di quelle che sono le prove che confutano le parole dell’avvocato. «Quello che è stato scritto - aggiunge - probabilmente tramite un copia e incolla sommario e distratto di notizie prese da Internet, trovano facilmente smentita nei fatti: il babbo del bambino utilizza le protesi che i medici gli hanno consigliato, ha studiato e ha seguito lunghi e impegnativi percorsi di riabilitazione logopedica. Chi è affetto da deficit uditivo, anche senza questo tipo di trattamenti mette in atto una in atto una serie di meccanismi di compensazione che li rende in grado di svolgere una vita autonoma in tutta sicurezza».

L’Agfa invita quindi l’avvocato a un evento di formazione dell’associazione «in modo che possa in futuro valutare con maggiore consapevolezza - dice ancora Niccoli - se sia opportuno utilizzare la sordità come limite alle attenzioni, all'affetto ed all'amore che un padre può dare al proprio figlio».
Francesca Gori. Fonte: iltirreno.gelocal.it

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