martedì 18 febbraio 2014

L'Istituto Barozzi di Milano. La questione dell'assistenza di comunicazione.

Studenti sordi e udenti imparano insieme. Non per la preside.
Alla fine ci vanno di mezzo loro. E’ sempre così, nelle dispute fra “grandi”. Che poi tanto grandi non sono. A Milano c’è una scuola dove si è sviluppata una grande intuizione: è bilingue, ma non nel senso che si potrebbe pensare. È l’unico istituto in Lombardia ad avere un progetto di apprendimento della Lis, la lingua dei segni italiana, dedicato a tutti gli studenti nelle classi in cui sono inseriti dei compagni non udenti.
La media ha storicamente indirizzo musicale, vi è un coro unisce ragazzi sordi e udenti. In totale, nei vari corsi di studi, sono 21. Per sei di loro venerdì è stato un giorno senza lezioni, scuola, compagni. Alle loro assistenti alla comunicazione, che traducono nella lingua dei segni le lezioni, la preside ha vietato di entrare a scuola. I motivi sono burocratici, ma quel che interessa è la sostanza e il messaggio arrivato: niente scuola a voi che siete sordi.

All’Istituto Barozzi di Milano è in corso il progetto di bilinguismo italiano/lis “ViviLis” dell’Ente Nazionale Sordi, attivo in 8 classi, dalla materna alle medie, per un totale di 180 bambini. “Non ci sono ragioni per non fare entrare le assistenti, autorizzate dal Ministero a farlo” dice Luigi Mattiato, portavoce dell’Ens. La decisione della preside, Crocetta Calabrese, nasce dalla mancata firma di un contratto (“Ma da settembre non lo abbiamo e da allora stiamo lavorando gratis, senza ricevere paga. E quello proposto era inaccettabile, non aderente al progetto che sviluppiamo”, spiegano le due assistenti allontanate, Rosa Sgorbani ed Erika Crozzoletto, che insieme all’Ens hanno sporto denuncia verso la preside), ma questo è soltanto un dettaglio. Ogni dirigente scolastico, ma specie la preside di una scuola con un progetto così all’avanguardia, che fa dell’inclusione il proprio fiore all’occhiello, dovrebbe avere a cuore una cosa prima di tutto: gli studenti e in particolare coloro che non sentono. Punto. Contratti e firme e protocolli vengono dopo. Molto dopo. Sembra di dire una frase talmente banale e scontata che non ci sarebbe bisogno di ribadirla. Invece, in questo caso, manca totalmente il senso ultimo del lavoro di insegnante.

Quello accaduto venerdì era l’ennesimo episodio di una serie di contrasti fra i genitori della scuola, che qualche giorno fa hanno anche presentato una petizione con 580 firme al Provveditorato su quella che definiscono una “ormai non più tollerabile situazione di crescente disagio”, e la preside Crocetta Calabrese, che, fra le altre cose, non ha parlato nemmeno con i genitori degli studenti non udenti. Questi hanno evitato che i figli entrassero a scuola per non capire nulla delle lezioni. Da lunedì la preside dovrebbe essere in ferie, pare addirittura per 15 giorni. Cosa accadrà ora e se quei ragazzi e quelle ragazze potranno tornare a frequentare è ancora da capire. Il punto naturalmente è altro.

L’Italia è sempre stata all’avanguardia nell’inclusione scolastica degli studenti con disabilità. Addirittura con progetti fortemente innovativi come quello delle scuole bilingue italiano/lis, dove si formano anche gli studenti udenti imparando la lis e gli studenti sordi che utilizzano la lis possono studiare senza problemi. Possibile che basti una disputa burocratica a vanificare un’intuizione grande? E ancora: il Ministero, nell’assegnare la responsabilità di un plesso scolastico di questo tipo, non valuta con attenzione la persona destinata a dirigerlo? Chiaramente una preside che nega l’accesso a persone così importanti in un progetto scolastico di questo tipo come le assistenti alla comunicazione, se non vi sono motivi di alta gravità ma solo cavilli burocratici, non è in grado di assumere e continuare questo tipo di incarico. Sarebbe utile sapere i provvedimenti che il Ministero assumerà.

Quello che alla fine rimane è però che a essere colpiti sono loro, coloro ai quali doveva essere diretta la maggiore attenzione: i ragazzi e le ragazze che non ci sentono e vedevano (e vedono, non deve essere un episodio a minare questa convinzione) in quella scuola che accoglie e permette loro di studiare senza differenze e avere compagni che li comprendono parlando la lingua che usano un luogo bello dove stare e imparare. E questa è la più grande amarezza.
Claudio Arrigoni. Fonte: corriere.it

PER SAPERE DI PIU'L'Istituto Barozzi di Milano


Via gli insegnanti per non udenti i genitori chiamano la polizia

MILANO. Due giorni fa la prima denuncia, quando un’assistente alla comunicazione, che traduce le lezioni per gli alunni non udenti, viene cacciata dall’aula nel bel mezzo dell’ora di matematica, fra urla e insulti davanti ai ragazzini. Ieri è arrivata la seconda dell’Ente nazionale sordi per abbandono di minori, quando tre specialiste non sono riuscite nemmeno a superare l’atrio e a raggiungere le classi, chiuse fuori dalla media Confalonieri su indicazione della dirigente scolastica. E mentre sul tavolo del provveditorato regionale arriva una petizione sottoscritta da quasi 600 genitori che chiede «interventi urgenti» nei confronti della preside, all’istituto comprensivo Barozzi — l’unico bilingue a Milano per gli studenti con disabilità uditive — arriva in classe anche la polizia.

L’episodio di ieri è solo l’ultimo di una lunga serie di anoma-lie, scontri e veleni all’interno della scuola in zona Bocconi, che i genitori attribuiscono alla preside Crocetta Calabrese e che hanno denunciato in più sedi. Nell’istituto è attivo un progetto che dal 2008 permette a tutti i bambini iscritti di imparare il linguaggio dei segni già dalla scuola materna. Tutti gli alunni, dai 4 ai 14 anni, imparano a comunicare con i non udenti grazie a una quindicina di assistenti di comunicazione che lavorano nelle classi dall’asilo alla scuola media. Da qui, alla presenza di 21 alunni con questo tipo di handicap, circa due per classe, che in questo modo possono integrarsi al meglio con i compagni. «Da settembre, per cinque mesi, abbiamo lavorato senza stipendio né assicurazione», racconta Erika Crozzoletto, una delle tre assistenti lasciate alla porta. «La preside ci ha presentato solo qualche giorno fa un contratto sul quale abbiamo diverse perplessità — spiega Rosa Sgorbani, anche lei rimasta fuori da scuola — e c’è chi come me ha deciso di prendersi qualche giorno per valutarlo, prima di firmarlo. Ma lei pretendeva che lo facessimo subito. E ci ha lasciato fuori in questo modo». Il tutto, però, «mentre c’è una lettera dell’Ufficio scolastico regionale che le autorizza a lavorare e a prestare regolarmente servizio. Una violenza del tutto gratuita», spiega Luigi Mattiato, dell’Ente nazionale sordi, che ieri mattina si è presentato a scuola insieme con le tre assistenti e le famiglie dei ragazzini non udenti, e ha chiamato la polizia quando i bidelli hanno negato loro l’accesso. A scuola sono arrivati gli agenti del commissariato Ticinese e nel pomeriggio hanno ascoltato la dirigente scolastica, che ha sua volta ha formalizzato un esposto contro la versione fornita dall’associazione. L’incartamento con le denunce e gli accertamenti passerà al magistrato che dovrà valutare se procedere per abbandono di minori e violazione delle norme sul lavoro o per calunnia, come sostiene la preside.
Tiziana De Giorgio da La Repubblica 15 febbraio 2014

De Sanctis "boccia" la preside le insegnanti tornano in classe
Sono tornate in classe le assistenti alla comunicazione per gli alunni non udenti, cacciate nei giorni scorsi dalla preside del comprensivo Barozzi. Lo ha stabilito il provveditore regionale Francesco De Sanctis: ieri mattina ha convocato d’urgenza la dirigente scolastica, Crocetta Calabrese, per chiedere spiegazioni sull’accaduto e per fare uscire la scuola — che venerdì ha visto anche l’intervento della polizia — dalla triste situazione in cui a rimetterci erano soprattutto i tanti ragazzini con disabilità uditive che frequentano l’istituto.

Prima della campanella delle otto, le tre professioniste si sono presentate regolarmente alla media Confalonieri, dove traducono le lezioni nel linguaggio dei segni, scortate da genitori, dagli alunni portatori di handicap, dai loro compagni di classe e da Luigi Mattiato, dell’Ente nazionale sordi, che la settimana scorsa ha denunciato la scuola. Anche ieri, lo stesso divieto da parte dei bidelli a non oltrepassare l’ingresso, come deciso dalla dirigente scolastica: senza la firma sul contratto proposto dalla preside, niente lavoro. Il tutto ancora una volta nell’incredulità generale, con intere classi che si rifiutavano di entrare a fare lezione per protesta. L’ennesima mattinata di tensione nell’istituto in zona Bocconi si è però disinnescata nel giro di poco tempo, con una telefonata arrivata dalla direzione scolastica regionale che ha imposto alla scuola di far riprendere regolarmente servizio alle tre assistenti. «Hanno diritto di lavorare — ha spiegato De Sanctis — ma soprattutto gli studenti con disabilità sensoriali che frequentano il comprensivo Barozzi hanno diritto di seguire le lezioni».

La direzione scolastica ha riscontrato più di una irregolarità nel contratto proposto dalla preside la settimana scorsa, che in tre delle dieci insegnanti non hanno voluto firmare e per questo sono state cacciate, dopo cinque mesi di lavoro senza stipendio né assicurazione. I tre contratti sono stati rivisti direttamente dall’Ufficio scolastico regionale, dove nei giorni scorsi era arrivata anche una petizione firmata da quasi 600 genitori per chiedere «provvedimenti urgenti» nei confronti della preside. «Stiamo monitorando attentamente la situazione — assicura alle famiglie De Sanctis — nella scuola c’è un’ispezione in corso ed è stata chiesta una proroga per andare ancora più a fondo». Al termine di queste, la direzione scolastica trarrà le proprie conclusioni. «Per il momento — aggiunge il direttore regionale — abbiamo chiesto alla preside Calabrese di evitare di creare ulteriori problemi».

Tiziana De Giorgio. Fonte: La Repubblica 18.2.2014

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