giovedì 30 luglio 2015

Il lavoro dei sordi disoccupati nel nuovo sistema "Jobs Act"

Giudizi diametralmente opposti rispetto alle bozze dei decreti attuativi del Jobs Act che riformano il collocamento obbligatorio: clima teso fra Fish, Cisl e Uic da un lato e Cgil, Uil, Ugl, Ens e Anmic dall'altro. Divisi i sindacati, giudizi diversi in casa Fand una catena che si spezza.

Clima teso e atmosfera rovente: è un luglio caldo per il mondo della disabilità, che sulla modifica delle norme dell'inserimento lavorativo si è trasversalmente spaccato, con giudizi differenti sull'operato del governo e considerazioni opposte sugli effetti che le norme in via di definizione potrebbero causare. Si spaccano le associazioni e si spaccano anche i principali sindacati, fino a creare due veri e propri fronti che raccontano lo stesso provvedimento con accenti diametralmente opposti.
 
L'oggetto del contendere è lo schema di decreto legislativo (Atti del Governo, n. 176), attuativo della delega di cui alla legge 183/2014: in termini più prosaici, si tratta dei decreti delegati del Jobs Act, che sono attualmente sottoposti al parere della Conferenza Stato-Regioni e delle competenti Commissioni di Senato e Camera. Lo schema di decreto è dunque al momento solamente una bozza, ma l'iter è in fase avanzata e i tempi per una eventuale modifica delle norme sono abbastanza stretti.
Modifiche che a gran voce chiedono una nutrita schiera di sigle, con in prima fila tre sindacati - la Cgil, la Uil e l'Ugl - insieme all'Anmic (associazione nazionale mutilati invalidi civili) e all'Ens (ente nazionale sordi). Sull'altro fronte ci sono invece la Cisl insieme all'Uic (unione italiana ciechi ipovedenti) e alla Fish, una delle due grandi federazioni di associazioni. E se la Fish pare mantenere al suo interno una relativa unità, musica diversa dalle parti della Fand, che vede associazioni ad essa aderenti su entrambi i fronti del contendere.
 
Quella che fino a quel momento era una semplice, per quanto evidente, diversità di lettura, è diventato quasi uno scontro verbale nei giorni scorsi, quando il gruppo contrario alle nuove norme ha duramente criticato la controparte con toni che non si registravano da tempo nei rapporti fra le diverse associazioni. In particolare Cgil, Uil, Ugl, Anmic e Ens non hanno digerito il riferimento che Cisl, Fish e Uic hanno fatto, nell'argomentare la loro posizione favorevole, ai lavori dell'Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità: "È palesemente scorretto - hanno scritto di rimando - il comportamento di qualche associazione di limitata rappresentatività che arbitrariamente si è arrogata il diritto di parlare a nome dell'Osservatorio Nazionale sulla condizione delle persone con disabilità, esprimendo il plauso incondizionato ai decreti attuativi del Jobs Act". Una reazione veemente e certamente inconsueta, che al di là dei toni vuole ricordare il fatto che c'è una parte dell'associazionismo che non si riconosce in nessuna delle due grandi federazioni (Fand e Fish) e che nel caso concreto esprime grande perplessità per i contenuti della riforma in cantiere. Ad essere contestata dunque è la "pretesa" di rappresentare tutto il mondo della disabilità o comunque di poter parlare in rappresentanza di tutti.
 
Nel merito, c'è una sostanziale identità nel salutare con favore alcuni elementi come la previsione di accordi territoriali tra datori di lavoro, sindacati e associazioni di categoria per favorire l'inserimento lavorativo delle persone con disabilità, l'applicazione del principio dell'accomodamento ragionevole che il datore di lavoro deve effettuare per rendere compatibili i posti di lavoro con le specificità delle persone con disabilità, l'istituzione di un disability manager, organo collegiale responsabile dell'inserimento lavorativo per la predisposizione di progetti personalizzati, la costituzione di una banca dati del collocamento mirato.
 
Il principale punto di frizione (ma non è il solo) riguarda il rafforzamento dell'istituto della "chiamata nominativa", che assume un ruolo preminente. Secondo i critici, si lascia così al datore di lavoro la possibilità di selezionare il lavoratore disabile da assumere che, con ogni probabilità, sarà individuato solo tra le persone con un minore grado di invalidità: essa sarà così solo foriera di discriminazioni e favoritismi in danno dei disabili più gravi, e ugualmente penalizzati saranno alcune categorie di disabili piuttosto che altre. Sul fronte opposto, invece, Fish, Cisl e Uic fanno notare come il rafforzamento di questa tipologia di chiamata, che può arrivare anche al 100% e che diventa esclusiva per i lavoratori con disabilità psichica e mentale, consente esattamente di selezionare la "persona giusta" e collocarla nel "posto giusto": un vero e proprio collocamento mirato, quindi, che consentirebbe di realizzare inserimenti lavorativi proficui e di superare le discriminazioni che tutt'oggi colpiscono soprattutto le persone con disabilità più grave, in particolare intellettive e relazionali.
Fonte: superabile.it
 
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