lunedì 13 novembre 2017

L ’arte, il suono e i gesti del silenzio

L’arte si esprime attraverso mille forme e possibilità. Riesce a rendere possibile ciò che appare non possibile. Superando lo stupore. Accadde anche quella volta agli inizi degli anni 50 del secolo scorso. Una composizione di John Cage sparigliò il mondo della musica. Il titolo ricalca la durata dell’opera: 4’33”. Di silenzio. Uno spartito, valido per qualunque strumento, indicava al musicista di non suonare mai nei tre movimenti (30 secondi il primo, poi 2 minuti e 23, quindi 1 minuto e 40).


È partendo dal concetto espresso da Cage che è nato Laboratorio Silenzio, gruppo teatrale composto da sordi e udenti diretto da Serena Crocco, diplomata al Teatro Arsenale di Milano e specializzata in teatro di figura dopo studi anche in Francia e Danimarca: «Il silenzio assoluto non esiste, perché è sempre riempito da qualcos’altro. Nel nostro caso, di corpi che lo abitano». Laureata in filosofia, ha iniziato a lavorare con la sordità nel 2016 dando avvio a «Voir les voix», progetto internazionale (Italia, Francia e Giappone) di ricerca su teatro di figura e lingua dei segni. Laboratorio Silenzio fa della comunicazione non verbale il suo punto di forza, producendo performance visive e itineranti. Ha partecipato a Monza Buskers Festival 2016; Edge Festival 2017, Teatri Oltre le barriere; Green City Festival 2017. Pochi giorni fa era al Festival Teatro Arte e Spettacolo di Mantova con «Silenziose Tracce»: un cammino di persone in fila e silenti, osservando la città e fermandosi con brevi azioni teatrali.

Con la Nazionale volley sorde, per celebrare la medaglia vinta ai Deaflympics 2017 in Turchia, è nata la performance «La parola è d’argento, il silenzio è d’oro», all’interno dell’iniziativa «Volare oltre i limiti», che si svolge ogni anno in un momento dei consueti giorni di ritiro delle Azzurre a Milano, organizzato dal Pio Istituto dei Sordi. Si fonda su movimento, espressività corporea e scrittura creativa «per trovare un terreno di comunicazione comune a tutti i partecipanti e creare una breve performance collettiva, presentata poi al pubblico in chiusura di evento».
Claudio Arrigoni. Fonte: corriere.it

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