martedì 21 novembre 2017

Diritto di scelta

Sono rimasta esterrefatta ascoltando le audizioni svolte il 14 novembre alla XII Commissione sul Testo Unico “Legge quadro sui diritti di cittadinanza delle persone sorde, con disabilità uditiva in genere e sordo cieche”.
Innanzitutto non si capisce perché stavolta siano state convocate solo le associazioni di famiglie di sordi di stampo oralista, censurando di fatto il punto di vista delle numerose associazioni di famiglie bilingui che pure erano state in passato audite al Senato (Fabilis, Sentiero Dorato, Vedo Voci, Afisbi etc.).


L’opinione delle associazioni oraliste audite (Fiadda in testa, ma anche Audientes, Ioparlo etc.), non rappresenta affatto il punto di vista di tutti i genitori udenti con figli sordi. Essa rispecchia quanto già affermato da Cotura, presidente Fiadda, in diverse occasioni, ed è palesemente viziata da pregiudizi epreconcetti che da sempre tali associazioni nutrono nei confronti della LIS (Lingua dei segni italiana), nonostante decenni di ricerche del laboratorio Lacam dell’Istc del CNR, li abbiano puntualmente smentiti (http://www.istc.cnr.it/group/lacam), come testimoniato dalla prof.ssa Caselli nel corso delle stesse audizioni.

Eppure, mentre tale legge non avrebbe nessuna conseguenza su chi già NON usa la LIS, il mancato riconoscimento della LIS ha avuto e continuerà ad avere evidenti conseguenze negative e discriminatorie nella vita quotidiana di chi utilizza tale lingua. Bisogna precisare infatti che, mentre il percorso oralista è garantito di default a tutti i bambini sordi, dato che l’italiano ovviamente già si parla e si insegna in tutte le scuole di ogni ordine e grado, il percorso bilingue attualmente è a totale carico delle famiglie che ne necessitano. Corsi di Lis, logopedisti bimodali, e in alcuni casi anche mediatori culturali e assistenti alla comunicazione non sono affatto garantiti a chi desidera intraprendere questo percorso, per scelta o per necessità dettate da patologie particolari non necessariamente legate alla sordità. Attualmente solo alcune grandi città offrono molti di questi servizi. È libertà di scelta questa?

Le associazioni oraliste lamentano che il DDL sia peggiorativo rispetto a quello della legislatura precedente, perché ci sarebbero “troppe cose” a costo zero. A tal proposito giova ricordare che il lungo e travagliato percorso della legge in questione partiva proprio dall’esigenza di dare seguito alla ratifica della Convenzione Onu sui diritti delle persone con Disabilità, avvenuta nel 2009, Convenzione che invitava tutti gli Stati membri a riconoscere le rispettive Lingue dei segni nazionali. Tutte le altre fattispecie (sordità non prelinguale, diagnosi precoce, screening neonatale, protesi acustiche etc.) sono state successivamente introdotte all’interno del testo di legge proprio a causa del “benaltrismo” e delle pressioni delle stesse associazioni oraliste, che ritenevano che una legge sulla sordità non dovesse occuparsi esclusivamente della LIS, come risulta dai documenti acquisiti in Commissione (http://www.senato.it/leg/17/BGT/Schede/Ddliter/documenti/39984_documenti.htm).

Non solo: anche la scomparsa della parola “LIS” dal titolo di una proposta di legge che inizialmente aveva ad oggetto esclusivamente il riconoscimento della LIS è avvenuta per venire incontro alle richieste degli oralisti, che evidentemente non si accontentano, vogliono farla scomparire del tutto. E sono state le stesse associazioni oraliste a volere che non venissero spesi soldi per la LIS, quindi non si spiegano le lamentele per la clausola di invarianza finanziaria, né si capisce bene come verrebbero creati questi nuovi posti di lavoro per gli interpreti che gli oralisti tanto temono, dato che nella legge non ce ne è traccia. Occuparsi di operatori della sordità, che tra l’altro già esistono, come interpreti e assistenti alla comunicazione, regolamentandone la figura e la professionalità, non va forse nella direzione della tutela dei loro utenti sordi, che in tal modo non correrebbero il rischio, come succede, di ritrovarsi persone poco qualificate ad assisterli? O è forse la Fiadda a preoccuparsi del destino dei suoi assistenti alla comunicazione dato che essi non conoscono la Lis?

L’Art. 5 (inclusione scolastica), mira a garantire tutti “i servizi volti al sostegno e all’inclusione dell’alunno sordo, con disabilità uditiva in genere e sordocieco, tra cui la presenza, a seconda delle necessità di ciascun alunno, dell’insegnante di sostegno, dell’assistente alla comunicazione nel caso di alunni sordi e dell’assistente all’autonomia e alla comunicazione nel caso di alunni sordociechi, dell’interprete in LIS e LIS tattile, di ausili tecnologici e di altre risorse e operatori che assicurino la piena partecipazione e l’accessibilità alle attività scolastiche ed extrascolastiche”. Invece le associazioni oraliste hanno già deciso per tutti: nel corso delle audizioni e non solo si sono più volte vantate del fatto che i loro figli (magari sordi non profondi) hanno rinunciato al sostegno, incuranti dei disservizi che quotidianamente subiscono le famiglie che invece ne hanno bisogno, o necessitano dell’assistente alla comunicazione. Come se il livello di autonomia di un bambino potesse essere deciso per legge, o come se superare una disabilità fosse solo una gara a chi riesce a nasconderla meglio!

Le associazioni oraliste hanno già deciso che la scuola normale vada bene così com’è per tutti gli alunni sordi, senza curarsi di verificare se in esse ci sia effettiva inclusione/integrazione, se davvero gli apprendimenti dei bambini sordi siano adeguati rispetto alle loro potenzialità. L’osservatorio di cui all’articolo 12 del DDL potrebbe supplire a questa carenza informativa, ma nella loro visione darwiniana della disabilità c’è spazio solo per chi già ha conquistato il “diritto alla parola”, non per chi questo diritto deve ancora conquistarlo, sicuramente non per sua colpa o per sua scelta. Ma il diritto alla parola non serve a nulla se non è accompagnato dal diritto alla comunicazione, all’istruzione, al sapere, alla cultura, e questi diritti allo stato attuale non sono assolutamente garantiti, neanche agli alunni udenti, se consideriamo i tassi di analfabetismo funzionale scientificamente rilevati in Italia (47% secondo i dati OECD), figuriamoci agli alunni sordi.

Inutile vantarsi dei tanti risultati positivi ottenuti grazie ai sacrifici incalcolabili delle famiglie, se poi si trascurano i casi, almeno altrettanto numerosi, in cui tali sacrifici non hanno sortito i risultati sperati. Le leggi devono essere scritte per tutelare i più deboli, non i più forti: questa legge deve servire per tutelare i diritti di cittadinanza di chi non riesce ad accedervi, non serve a chi ritiene di averli già raggiunti. Le leggi servono a tutelare le minoranze, indipendentemente dalla loro entità numerica, dato su cui pedissequamente insistono le associazioni oraliste.

Ovviamente nessuno pretende che tutte le scuole pubbliche diventino bilingui, ma almeno buone prassi ed esperienze di eccellenza come quella dell’ISISS a Roma o di Cossato dovrebbero essere valorizzate e diffuse, in modo da consentirne l’accesso a tutte le famiglie che ne hanno bisogno e lo desiderano. Questa sarebbe libera scelta.

Eppure le stesse associazioni oraliste rivelano una loro profonda ignoranza del problema, se ancora confondono gli istituti speciali con le scuole specializzate, se non conoscono i benefici effetti del bilinguismo su bambini udenti, sordi e con altre patologie, benefici dimostrati scientificamente da studiosi di livello internazionale, linguisti, psicologi e neuroscienziati: eppure esse pretendono di saperne più del Consiglio nazionale delle Ricerche, e ritengono di essere quarant’anni più avanti dell’Organizzazione nelle Nazioni Unite!

Sappiamo che non esiste una sola sordità, esistono le sordità, che i bambini e gli adulti sordi sono tutti diversi e ognuno necessita di servizi, strumenti, ausili, supporti diversi, che vanno dalle nuove tecnologie mediche all’utilizzo della Lingua dei segni: le associazioni oraliste invece vorrebbero imporre la stessa visione e lo stesso percorso standardizzato a tutti, indipendentemente dalla gravità del deficit uditivo, dall’età di insorgenza, dalla presenza di patologie associate o di deficit cognitivo, etc.

Non si capisce inoltre quale sarebbe questo sbilanciamento a favore della LIS di cui gli oralisti si lamentano: al contrario, la proposta di legge prevede che solo protesi, logopedia ed impianti (che già sono nei Lea) vengano incluse nei Lep (Art. 3), e non la LIS. È improprio anche il paragone con la legge 104/92: quest’ultima infatti riguarda tutte le disabilità, mentre l’attuale DDL si occupa esclusivamente della sordità e delle sue specificità, in tutte le sue accezioni, perché così hanno voluto le associazioni oraliste: dopo aver spinto per avere spazio in un DDL che originariamente riguardava solo i sordi segnanti e bilingui, adesso le associazioni oraliste disconoscono il risultato stesso delle loro contrattazioni. Come mai questo voltafaccia dopo un lungo ed estenuante lavoro di mediazione durato quasi 10 anni? Quali interessi nasconde?

Gli oralisti da sempre pretendono di essere gli unici interpreti dei bisogni delle persone sorde e delle loro famiglie: e allora come si spiegano le tante adesioni agli innumerevoli appelli che ci sono stati a favore della LIS, specie da parte delle giovani generazioni? (cfr. ad es. https://www.facebook.com/italialovelis/). Credono che la LIS sia il passato, e pretendono anche di essere gli unici detentori del futuro: ebbene, in un prossimo futuro la ricerca sulle cellule staminali potrebbe rendere obsoleti anche protesi, impianto cocleare e sottotitoli: allora che facciamo, eliminiamo anche questi diritti acquisiti? I nostri figli sono stati fortunati perché hanno potuto accedere alle nuove tecnologie, ma sappiamo benissimo che non tutti vi possono accedere: vi sono requisiti, limiti di età, patologie che rendono le tecnologie insufficienti. Ad esempio, protesi e impianto sono inutili per chi non ha memoria uditiva, o non possiede il nervo acustico, o ha altri deficit del linguaggio.
Senza contare il diritto alla libera scelta: non si può obbligare una persona a sottoporsi, o a sottoporre i propri figli, ad un delicato intervento chirurgico contro il suo volere, neanche nelle peggiori dittature.

L’impianto cocleare è stato impropriamente paragonato ai vaccini, ma è evidente che il paragone non regge, perché non stiamo trattando di una malattia mortale né contagiosa. Inoltre nessun ausilio tecnologico di per sé è la bacchetta magica: il percorso riabilitativo è lungo e gli esiti possono rimanere incerti. Senza contare che molti sordi hanno difficoltà nella lettoscrittura o non hanno ancora imparato a leggere e a scrivere, per cui i sottotitoli non sempre sono la soluzione. E finché ci saranno dei sordi (e sono tanti) che avranno bisogno della LIS per accedere ai diritti di cittadinanza, la LIS rimarrà un loro diritto sacrosanto.

Eppure tale diritto viene di fatto osteggiato dalle associazioni oraliste, che addirittura si vantano di averne impedito finora il riconoscimento: alla loro paranoia dell’appartenenza ad una minoranza linguistica (di cui non c’è traccia nel DDL) pretendono di sacrificare i diritti di bambini e adulti che ne hanno bisogno per avere accesso ai loro più elementari diritti. Preconcetti, pregiudizi e paure anacronistiche nei confronti della LIS che impediscono, nei casi più gravi, l’accesso ad una lingua purchessia, anche non verbale, con tutte le ricadute negative in termini di disturbi dello spettro autistico, aggressività, ritardi nello sviluppo cognitivo e nell’apprendimento.

Tali associazioni vorrebbero cancellare in maniera oscurantista e talebana la stessa esistenza della comunità e della cultura Sorda, colpevole a loro avviso di rendere visibile ciò che loro considerano uno stereotipo, una malattia di cui vergognarsi, e da nascondere. Non è discriminazione questa?

Chi vi scrive è la madre udente di una bambina sorda profonda (107 db) di sei anni, diagnosticata a 18 mesi, impiantata a due anni. Mia figlia ha frequentato, per puro caso, un nido bilingue Ita/LIS dall’età di 5 mesi, prima ancora che ci accorgessimo della sua sordità. Il bilinguismo ci è sembrata immediatamente una risorsa in più da sfruttare, nonostante l’opinione contraria del nostro centro impianti, e questa nostra intuizione ha avuto conferma: attualmente mia figlia frequenta la prima elementare all’Isiss di Via Nomentana; nello stesso tempo che io ho impiegato ad imparare pochi segni di LIS lei ha imparato LIS, italiano e adesso sta iniziando con l’inglese. Sta imparando a leggere a scrivere al pari dei suoi coetanei udenti, riesce ad interagire con naturalezza sia con i sordi che con gli udenti, è una bambina sveglia, serena e felice. Il nostro obiettivo è l’Università.

Non so quanto di questo successo sia dovuto all’impianto cocleare e quanto alla LIS, e francamente non mi interessa. Mi appassiona poco anche la diatriba se la LIS sia una lingua o meno: questo l’hanno già deciso autorevoli linguisti, né una legge potrà bastare a sconfiggere pregiudizi atavici degli oralisti. So solo che i primi segni di nostra figlia per noi genitori sono stati come le prime parole e ci hanno emozionato altrettanto, che i segni ci hanno aiutato a colmare i mesi, lunghissimi, che separano la diagnosi dall’impianto, e l’impianto dalla comprensione delle prime frasi. So che hanno aiutato e stanno aiutando tantissimo mia figlia a comprendere l’italiano, come lingua-ponte, e constato che lei utilizza la dattilologia per aiutarsi nella lettura e nel dettato. Anche il fratellino udente sta imparando la LIS, e la usa per comunicare con la sorella quando l’impianto è spento.

Sicuramente la LIS ci ha aiutato ad affrontare il deficit uditivo di mia figlia con maggiore serenità, consentendomi di fare la madre e non la logopedista-insegnante a tempo pieno, e la conoscenza della
comunità e della cultura Sorda mi ha permesso di guardare con ottimismo al futuro, svelandomi le enormi potenzialità delle persone sorde in tutti i campi. Ma noi siamo stati fortunati: abitiamo a Roma dove c’è una forte comunità sorda, abbiamo accesso a svariate fonti informative autorevoli e accreditate, a scuole bilingui e specializzate di ogni ordine e grado, abbiamo trovato una logopedista bimodale, abbiamo potuto pagare di tasca nostra corsi Lis di qualità, e in assenza degli assistenti alla comunicazione mia figlia fa da interprete per i bambini segnanti non ancora bilingui. Bambini figli di sordi e/o immigrati, con altre patologie associate, o con altri tipi di difficoltà, che le associazioni oraliste ignorano.

Ma sono stanca di sentirmi una privilegiata perché ho potuto scegliere, ed in maniera consapevole: vorrei che questa risorsa, a mio avviso preziosissima, venisse garantita a tutti coloro che lo vogliono e ne hanno bisogno, e non solo come “ultima spiaggia”, esattamente come già avviene per l’impianto cocleare e, in parte, le protesi; e venisse garantita anche ai non-sordi. Sono stanca di leggere e sentire solo testimonianze di successo, quando gli insuccessi vengono nascosti perché, ancora una volta, le vittime vengono colpevolizzate.
Giovanna Filosa

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"Storia dei Sordi. Di Tutto e di Tutti circa il mondo della Sordità", ideato, fondato e diretto da Franco Zatini