mercoledì 30 dicembre 2015

Il "Provolo" al Congresso Internazionale degli Educatori dei Sordi (Milano 1880)

Antonio Provolo (1801-1842), ordinato sacerdote nel 1824, è conosciuto come il fondatore dell'Istituto per sordomuti di Verona, di cui mise le basi nel 1840. Purtroppo, quel prelato morì nel 1842, a solo 41 anni, ma le basi della sua opera, iniziata nel 1830, poté proseguire anche per l'opera dei suoi seguaci. Tra questi il Reverendo Giori Giulio Maria il quale, come Direttore dell'Istituto Provolo, dal 1875 al 1901, fu invitato a partecipare al Congresso Internazionale dei Maestri dei Sordomuti, a Milano nel 1880.


Gori si riteneva insufficiente a rappresentare debitamente l'Istituto fondato dal Provolo, «… che tanta fama  levò di sé pel suo metodo…», e si determinò di far rappresentare la Scuola del Provolo dal Provolo stesso, nelle 73 pagine di un memoriale che lo scomparso aveva lasciato scritte per i suoi successori, e conservato nella Biblioteca "Benefica Cardano" di Milano.

Interessantissima, secondo il Provolo, e da perfezionare, era la lotta intrapresa tra i seguaci di De L'Epèe e quelli dell'Einicke, e a quella lotta «… tutti hanno diritto di far parte, quanti sono amici dei sordomuti, non esclusi i medesimi trapassati, giacché nel campo della scienza non può veramente dirsi morto chi nelle sue opere ancora vive!».

Il Provolo fu uno dei primi promotori del "metodo orale", insegnando la parola con la parola, anzi con il canto, che per il sacerdote scomparso troppo presto, era  una teorica sulla voce, ridotta alla portata delle facoltà di un sordomuto. Nel Canto, secondo quella teoria, vale quella melodia ed espressione che si usa, fra chi ode, nel favellare, e appunto che cosa è la favella, se non una determinata articolazione? Se il sordomuto ha la potenza di sentire per mezzo del tatto le varie oscillazioni che produce ciascun suono, perché non potrà sentire anche senza, nel Canto? E se esso non avrà suoni esterni da confrontare, il Canto gli consente di sentire internamente diversi suoni temperati con dolce melodia. Dunque si può conchiudere che il Canto poteva e doveva avere la sua parte anche nei primi passi dell'insegnamento orale e il Provolo approfittava per comunicare ai suoi allievi per mezzo della vista e del tatto l'idea dei suoni. Quell'innovazione del Canto, oltre a influire favorevolmente sul temperamento, faceva sì che la voce di quei sordomuti, in genere, fosse bastantemente ottemperata all'ordinario metro della favella. E tuttavia, quando i sordomuti volevano comunicare con altri loro simili, tornavano agevolmente al più spedito, per loro, linguaggio dei segni.

Le speranze del Provolo, in quei primi decenni dell'800, era che i sordomuti dovessero articolare parole, ne fece le prove e ci riuscì, almeno in parte. Ma la morte del Provolo, dopo soli sei anni di scuola, fu una vera sventura e le sue conseguenze non potevano essere conosciute che da coloro i quali hanno assistito a quella dolorosa catastrofe. 
Marco Lué

Servo di Dio Antonio Provolo
Nella prima metà dell’Ottocento, fiorì in Verona uno stuolo di Fondazioni religiose, dedite, in quel periodo di impero austriaco, alle opere assistenziali più diverse. Fondatori e fondatrici formarono come una catena collegata ad ognuno di loro, che li univa nello sforzo comune, a volte contemporaneo, a volte in tempi progressivi. 

Figure belle di quel periodo, tutte avviate verso il riconoscimento ufficiale della loro santità, furono i servi di Dio: Nicola Mazza, Teodora Campostrini, Leopoldina Naudet, Antonio Provolo con al centro s. Gaspare Bertoni. 

Antonio Provolo nacque a Verona il 17 febbraio 1801, in una famiglia di modeste condizioni sociali; rimase orfano di padre a 15 anni, studiò prima presso i carmelitani scalzi e dopo la soppressione napoleonica degli Ordini religiosi, passò a studiare al ginnasio di S. Sebastiano. 

Conobbe in questo ultimo periodo padre Giovanni Frisoni, sacerdote insigne per santità di vita, che divenne per lui, direttore spirituale e confessore; su suo consiglio entrò nel seminario vescovile di Verona, per divenire sacerdote; fu ordinato il 18 dicembre 1824, coronando così anche gli sforzi che la pia madre aveva fatto per mantenerlo agli studi, nonostante le ristrettezze economiche, sopravvenute con la morte del padre. 

Fu insegnante di grammatica nello stesso seminario per un paio d’anni, finché lasciò l’incarico seguendo don Luigi Bragato nell’Oratorio di S. Lorenzo, frequentato da molti giovani, ai quali dedicò il suo impegno di catechista, di educatore e di appassionato cultore di musica e canto, inoltre dedicandosi alle missioni per il popolo, specie come confessore e predicatore. 

Nel 1830 avvenne che un giovane sacerdote, il conte Lodovico Maria Besi (1805-71), che in alcune stanze vicino alla chiesa di S. Pietro Incarnato, aveva raccolto qualche sordomuto, per dare loro un insegnamento, decidesse di partire per Roma ed entrare nel Collegio di Propaganda Fide per diventare missionario; quindi la scuola doveva chiudere. 

Lo seppe don Antonio Provolo il quale sentì l’ispirazione del Signore, che l’invitava a continuare questa scuola; quindi trasferì nella sua casa i pochi assistiti lasciati dal Besi e nello stesso anno aprì una scuola per sordomuti, nel contempo cominciò una scuola serale per gli artigiani poveri, che istruiva in tutto. 

In stretta collaborazione con santa Maddalena di Canossa, altra grandissima stella della santità veronese, riuscì ad ottenere nel 1832 la chiesa di S. Maria del Pianto detta “ai Colombini” con alcune casupole e un orto, dove si trasferì con la scuola ed il bel gruppo di collaboratori, sacerdoti e laici, che si era formato intorno a lui e alla sua scuola. 

Intanto proseguendo nella collaborazione con la Canossa, diede vita alla Congregazione dei Figli della Carità, chiamati poi “Canossiani”. Ma le strade dei due fondatori dovettero dividersi, perché la Canossa considerò fra le sue Istituzioni, non primario l’intervento per i sordomuti, mentre per Antonio Provolo era diventato lo scopo più importante della sua vita. 

Così andò per la sua strada, ponendo le basi di una nuova Congregazione religiosa maschile, che chiamò “Compagnia di Maria per l’educazione dei sordomuti”, fondata nel 1839; due anni dopo diede vita all’Istituto femminile che si chiamerà “Compagnia di Maria per l’educazione delle sordomute” di cui diventerà direttrice una delle sue prime collaboratrici, Fortunata Gresnar (1817-1886). 

Primo in Italia, escogitò per i sordomuti un nuovo e più razionale metodo di insegnamento, dando loro non solo un linguaggio mimico, come allora era usanza, ma era convinto che si poteva dare ad essi la parola con la parola, metodo diffuso specie in Germania; essi dovevano avere la padronanza del linguaggio leggendolo dal labbro, ma anche dal mento, dalla gola e dal petto dei loro interlocutori, con un apprendimento “vibro-tattile-visivo” della parola. 

Fu un precursore della moderna musicoterapia, perché fece anche riusciti tentativi di insegnare ai sordomuti con il canto. Sul suo metodo d’insegnamento scrisse anche un dotto manuale e altre opere inerenti i sordomuti, ma anche di carattere devozionale di impronta mariana; la Beata Vergine Addolorata fu infatti per tutta la vita, la sua vera maestra di santità. 

Forse logorato dall’eccessivo lavoro, morì il mattino del 4 novembre 1842 a soli 41 anni; dal 1930 è sepolto nella chiesa di S. Maria del Pianto a Verona.  Sono in corso dal 1960 i relativi processi per la sua beatificazione.
Antonio Borrelli. Fonte: santiebeati.it

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