Eugenio Malossi nasce a Avellino l’8 maggio del 1885 da Sebastiano e Teresa Gandi. All’età di 7 anni, a causa di una tremenda encefalite, perde vista, udito, olfatto e parola, ed appare irrimediabilmente compromessa anche la deambulazione, cosa che fortunatamente recupera dopo un ricovero di 8 mesi in una casa di cura del posto.
Il 21 ottobre del 1895, il piccolo Eugenio viene accolto da Domenico Martuscelli nella sua scuola per ciechi, l’Istituto “Principe di Napoli”, attualmente Istituto “D. Martuscelli”, ed è affidato alle affettuose ed illuminate cure del maestro Francesco Artusio, che lo avvia all’uso funzionale del tatto prima, e della lettura e scrittura poi, e del maestro Aurelio Colucci, anch’egli sordocieco, che lo educa alle arti manuali.
Eugenio è un bambino di stupefacente ingegno ed intuito, il suo maestro Artusio è un uomo tenace ed attento, che profonde tutte le sue energie nell’ascolto del piccolo, ricercando comuni segnali comunicativi.
Sono anni di duro lavoro per entrambi, ma il sentimento di affetto e la reciproca fiducia, accompagnano il lento e difficile percorso di apprendimento della lettura, della scrittura e del fare di conto, e della ricerca di un mezzo di comunicazione preciso e completo, tale da potersi sostituire alla parola.
All’Istituto “Principe di Napoli”, Eugenio, appassionato di studio e di lavoro, diventa esperto nell’arte del vimini e della meccanica, apprende inoltre il francese e l’inglese, per poter corrispondere con l’amica americana Helen Keller, anche ella sordomuta e cieca.
La vivissima intelligenza, la ricerca di una spiegazione per ogni evento nuovo, spingono sempre più Eugenio Malossi ad affinare i suoi sensi disponibili, tanto da riuscire a riconoscere dalle vibrazioni del pavimento, non solo l’avvicinarsi di una persona ma addirittura riconoscerla.
A tal proposito, un suo giovane amico cieco, Domenico de Filippo, dirà che Eugenio seppe mettersi in rapporto con il mondo esterno e svolgere tutta la sua genialità con un solo senso, il tatto. Durante la sua permanenza presso l’Istituto “Principe di Napoli”, Eugenio ha modo di dare dimostrazione delle sue grandi doti di educatore e maestro, seguendo la formazione della piccola cieca sordomuta Anna Tamasco, utilizzando e perfezionando tutti gli strumenti che l’Artusio aveva adoperato per lui, e creandone di nuovi e più adatti alle esigenze della piccola allieva.
Riesce nell’arduo compito di insegnare ad Anna l’uso delle parole, invitandola a toccare la posizione della sua bocca, della sua lingua, e facendole percepire la vibrazione delle corde vocali. Di fronte all’impossibilità di farle toccare e comprendere le articolazioni di quelle lettere la cui pronuncia richiede una posizione di chiusura di denti e labbra, arriva ad ideare per lei, un mascherone di cera comprendente una larga bocca, denti, palato e labbra, fornito di grosse narici, per permetterle di conoscere, anche di queste lettere, la corretta articolazione e pronuncia.
Nel 1921 Eugenio chiede ed ottiene l’ammissione presso l’Istituto Industriale per ciechi “Paolo Colosimo”, ritenendolo luogo adatto ad esprimere tutta la sua geniale creatività. Alla sua ammissione lavora nell’Istituto come meccanico di precisione. Subito la sua genialità viene capita ed incentivata dal direttore, Pericle Roseo, e da sua moglie, Tommasina Colosimo, che gli destinano un’officina modernamente arredata.
Nella “sua” officina, stretta e ingombra di macchine e di cinghie, Eugenio, si muove con sicurezza mirabile, le sue dita sono così esercitate da poter sentire le più piccole imprecisioni che sfuggono persino all’occhio più esercitato.
La sua fervida fantasia e capacità lo portano a creare oggetti di grossa utilità come l’apparecchio, detto “Regolo Malossi”, per permettere ai non vedenti, la scrittura a matita. Dopo soli otto mesi, di permanenza all’Istituto “Paolo Colosimo”, Eugenio viene dimesso e subito riassunto come “maestro”. Insegna con molta pazienza ed eccellente metodo, ama i suoi alunni come fratelli.
Nel 1923 vede riconosciuti i suoi sforzi di maestro ed inventore, con la designazione a “Cavaliere della Corona del Regno di Italia” Nel 1928 è nominato “insegnante” di meccanica.
Muore il 19 maggio 1930 a causa di una improvvisa e violenta polmonite
Muore il 19 maggio 1930 a causa di una improvvisa e violenta polmonite
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