martedì 21 luglio 2015

Scuola di Orvieto: Il lupo e la libellula capirsi con le mani

Una storia raccontata ai bambini attraverso la lingua dei segni per predisporli all'accoglienza dei coetanei non udenti. Un progetto ideato dall'insegnante di sostegno Paola Torcolini. “Il lupo e la libellula”, uno dei due è sordo ma non viene emarginato, bensì aiutato. È una favola raccontata attraverso la lingua dei segni per insegnare ai bambini ad essere predisposti all'accoglienza del “diverso” come integrazione e rispetto.

Il progetto, “Come insegnare la lingua dei segni a bambini udenti, la Lis come apprendimento”, è stato ideato e portato avanti dall'insegnante di sostegno Paola Torcolini per la pluriclasse composta da alunni di età diverse che vanno dai 7 agli 8 anni presso la scuola di Montecchio facente parte dell'istituto comprensivo Orvieto. «Non c'è cosa più bella al mondo per un bambino di ascoltare una bella favola, con una lettura in movimento, parlare con le mani espressioni verbali e non verbali aiutandomi anche con la mimica facciale» spiega Torcolini. "Vedere gli alunni che ormai segnano il proprio nome e cantano canzoni con la lingua dei segni - ha aggiunto - è una meraviglia".

La lettura della favola che vede protagonisti il lupo e la libellula è stata presentata ai bambini con l'ausilio della musica, filastrocche e canzoncine. Il tutto accompagnato da una mimica facciale e un linguaggio non verbale. «Oltre a questo - spiega ancora l'insegnante - ho inserito un laboratorio di manualità con l'argilla e pittura su biscotto, perché antico mestiere umbro. Con l'argilla abbiamo realizzato molti lavoretti». Ed ecco allora la filosofia sposata dalla Torcolini e trasmessa ogni anno alle sue classi: conoscere per amare ancora di più, conoscere il proprio ambiente per comprenderlo ed amarlo. «La programmazione scolastica - chiosa l'insegnante - non può sottrarsi alla necessità di costruire nei bambini comportamenti consapevoli responsabili verso l'ambiente, a partire dai singoli contesti di vita e relazione: dallo spazio dell'aula a quello della città, fino allo spazio del mondo».

Non a caso Torcolini, un po' in tutti i suoi progetti, ama inserire il concetto di territorio come risorsa, un passaggio chiave per passare dalla scuola centralizzata ad una inserita nella propria realtà locale. «Lavorare sul territorio con una metodologia adeguata - dice - permette di imparare a coglierne i segni, a parlarne, a schematizzare e rappresentare, a correlare tra loro aspetti diversi, a generalizzare ciò che si è appreso e soprattutto a riconoscere i processi connessi al percorso». E l'occasione più ricca per cercare modi e risorse importanti per accostare piccoli alunni alla natura, Torcolini l'ha trovata nell'oasi di Alviano, un'aula all'aperto per educare attraverso esperienze concrete, ma soprattutto utili al raggiungimento di quei traguardi impossibili con metodi della lezione frontale o dei laboratori didattici tradizionali.
Sara Simonetti. Fonte: il messaggero
 
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