Anche il malato più complesso tornerà a sentire grazie alle nuove tecnologie di sostituzione della chiocciola.
«Con endoscopio, robot e laser si può ora operare senza compromettere estetica e funzioni vitali» spiega il Prof. Giuseppe Spriano, Presidente nazionale della SIOeChCF (Società Italiana di Otorinolaringologia e Chirurgia Cervico-Facciale) e Direttore dell'Otorinolaringoiatria all'Istituto Nazionale Tumori "Regina Elena" di Roma, e presidente del Congresso in corso a Roma.
«Grazie all'elettronica e all'informatica, possiamo sostituire anche la chiocciola, organo nervoso della percezione uditiva, con un impianto cocleare. Questo non è ancora possibile con gli altri organi di senso». I progressi dell'otorinolaringologia sono stati al centro del 102esimo Congresso Nazionale della SIOeChCF tenutosi lo scorso Maggio a Roma che ha visto riunirsi oltre 1.000 specialisti provenienti da tutta Italia. «L'otorino non è più solo il medico che toglie le tonsille - prosegue Spriano - ma un chirurgo cervico-cefalico che utilizza tecnologie ultra moderne per operare una zona del corpo molto delicata. Possiamo oggi asportare tumori della laringe e faringe passando dalla bocca, usando il Laser e il Robot. Il viso è una parte ben visibile e che ha un'estrema importanza estetica. È nostro dovere preservarla perché non operiamo sull'addome, dove basta una maglietta per coprire vistose cicatrici. Con la chirurgia ricostruttiva è possibile sostituire i tessuti rimossi trasferendo, con veri trapianti, porzioni di pelle, muscoli e ossa da altre sedi del corpo. Per il naso invece utilizziamo molto l'endoscopia con la quale si possono rimuovere tumori localizzati fino alla base cranica, entrando dalla fossa nasale». Uno specialista rivolto al futuro, dunque, che vuole unire l'aspetto sociale a quello scientifico.
Il 20% degli italiani soffre di qualche forma di sordità. Si tratta di un disturbo frequente, soprattutto tra gli uomini, ma che oggi si può affrontare con successo. Lo sviluppo della chirurgia dell'orecchio, infatti, ha fatto passi da gigante negli ultimi anni, permettendo di raggiungere ottimi risultati. «Siamo ormai in grado di restituire l'udito anche ai sordi totali» afferma Spriano.
«Grazie all'elettronica e all'informatica, possiamo sostituire anche la chiocciola, organo nervoso della percezione uditiva, con un impianto cocleare. Questo non è ancora possibile con gli altri organi di senso». I progressi dell'otorinolaringologia sono stati al centro del 102esimo Congresso Nazionale della SIOeChCF tenutosi lo scorso Maggio a Roma che ha visto riunirsi oltre 1.000 specialisti provenienti da tutta Italia. «L'otorino non è più solo il medico che toglie le tonsille - prosegue Spriano - ma un chirurgo cervico-cefalico che utilizza tecnologie ultra moderne per operare una zona del corpo molto delicata. Possiamo oggi asportare tumori della laringe e faringe passando dalla bocca, usando il Laser e il Robot. Il viso è una parte ben visibile e che ha un'estrema importanza estetica. È nostro dovere preservarla perché non operiamo sull'addome, dove basta una maglietta per coprire vistose cicatrici. Con la chirurgia ricostruttiva è possibile sostituire i tessuti rimossi trasferendo, con veri trapianti, porzioni di pelle, muscoli e ossa da altre sedi del corpo. Per il naso invece utilizziamo molto l'endoscopia con la quale si possono rimuovere tumori localizzati fino alla base cranica, entrando dalla fossa nasale». Uno specialista rivolto al futuro, dunque, che vuole unire l'aspetto sociale a quello scientifico.
Inoltre sono stati organizzati immersioni e corsi sub per non vedenti e sordo muti, con un istruttore d'eccezione, Enzo Maiorca, che vanta 23 record del mondo di apnea, durante i quali è stato possibile studiare le modifiche che avvengono nell'orecchio sott'acqua. Questo perché, la pressione dell'acqua può portare a danni, infezioni all'apparato uditivo, rottura del timpano, tutti problemi che lo specialista ritrova poi nella pratica clinica.
Fonte: Ansa
Possiamo riconoscere subito la sordità neonatale con uno screening uditivo. Ecco come
Creato il 16 luglio 2015 da Antonioriccipv @antonioricci
La sordità o ipoacusia congenita rappresenta sicuramente un importante problema sociale. La sua frequenza è relativamente elevata, colpisce infatti da uno a tre neonati su mille, senza differenze di sesso e con incidenza maggiore nelle regioni meridionali del nostro Paese.
L’ipoacusia congenita ha in più della metà dei casi origine genetica ed il tipo di difetto più frequente è l’incapacità di sintetizzare una proteina necessaria alla funzione uditiva. I soggetti portatori sani del difetto, cioè con udito normale, sono relativamente numerosi e dalla loro unione possono nascere bambini con sordità congenita.
Altra importante causa è rappresentata da alcune malattie infettive, soprattutto virali, che colpiscono la madre durante la gravidanza, spesso senza sintomi appariscenti; la rosolia, prima dell’avvento della vaccinazione di massa, era la maggiore responsabile di sordità congenita, associata ad altre gravi alterazioni.
Attualmente è l’infezione da Citomegalovirus durante la gravidanza la causa non genetica più frequente di ipoacusia neonatale.
La diagnosi può essere occasionale, perché la malattia dà scarsi sintomi nella madre e la maggior parte dei neonati, infettati per passaggio del virus attraverso la placenta, è del tutto asintomatico alla nascita, ma potrà sviluppare in seguito, anche a distanza di oltre un anno, una sordità progressiva.
La diagnosi può essere posta nella madre mediante il dosaggio regolare degli anticorpi anti-citomegalovirus durante la gravidanza e, in caso di infezione intrauterina sospetta, la ricerca del virus nel sangue, nelle urine o nella saliva del neonato confermerà la diagnosi.
Sarà così possibile praticare una terapia specifica, spesso in grado di evitare, o almeno limitare, il deficit uditivo.
Se la sordità congenita non viene diagnosticata precocemente è causa di grave disabilità, con irreversibili alterazioni del linguaggio e deficit nell’apprendimento e relazionale. Solamente la sua individuazione precoce, prima del 5°-6° mese di vita ed il ricorso immediato a programmi riabilitativi e di logopedia fino all’utilizzo di protesi uditive nei gradi più severi e bilaterali, è in grado di assicurare uno sviluppo psicointellettivo del bambino pressoché normale.
La diagnosi precoce dei neonati affetti è possibile con l’attuazione di semplici indagini, attualmente proposte come programma di screening neonatale universale, che copra cioè almeno il 95% di tutti i nati del territorio nazionale, ma purtroppo non ancora realizzato in tutte le realtà. Al contrario, in assenza di test strumentali la diagnosi viene spesso posta non prima del 1° anno di vita o anche più tardi, quando i danni sono in gran parte irreversibili.
Lo screening uditivo è oggi possibile mediante l’utilizzo di semplici apparecchi, capaci di dare le risposte in pochi minuti. L’esame, chiamato valutazione delle fotoemissioni acustiche transitorie (TEOAE), non è invasivo né doloroso e consiste nell’applicazione di un piccolo auricolare al neonato durante il sonno tranquillo, anche tra le braccia della madre, attraverso il quale l’apparecchio emette dei deboli segnali acustici e registra ed analizza automaticamente le risposte.
La procedura dura pochi minuti e, ove attivo il programma di screening, deve essere eseguita a 24-48 ore di vita, preferibilmente nel punto nascita. Come tutti i test di screening esiste la possibilità dei cosiddetti “falsi positivi”, cioè rilevare risposte alterate in neonati perfettamente sani. Per tale motivo il test si ripete entro sette giorni e solamente in caso di risultato ancora positivo il piccolo verrà sottoposto ad indagini più approfondite nei Centri di audiologia di 2° livello.
E’ necessario tranquillizzare le mamme in caso di risultato positivo al 1° test TEOAE in quanto i test di screening non sono procedure diagnostiche e la loro finalità è quella di individuare gli individui a rischio, da sottoporre ad ulteriori indagini per raggiungere una diagnosi di certezza.
Lo screening uditivo neonatale è accettabile, sicuro, sensibile e sostenibile. Come già avviene per alcune malattie congenite come l’ipotiroidismo, la fenilchetonuria e la fibrosi cistica, la cui frequenza è peraltro sensibilmente inferiore a quella della sordità congenita, bisogna estendere al più presto l’esecuzione dell’esame delle emissioni otoacustiche in tutti i punti nascita del territorio nazionale; si potrà così eliminare nel nostro Paese la piaga sociale del neonato con ipoacusia congenita grave non trattata correttamente e per questo condannato ad una vita di grave disagio.
Fonte: it.paperblog.com
Uno su 10 è sordo, dall'Italia protocollo innovativo
Importanti passi in avanti nella cura riabilitativa di individui affetti da sordità, che, secondo le stime dell'Ocse, rappresentano circa il 10% della popolazione e quasi il 40% degli over 65. La novità arriva proprio dall'Italia, dove le persone affette da ipoacusia sono oltre 7 milioni, e consiste in una metodologia adattabile a tutti gli apparecchi acustici di ultima generazione e sviluppato da un team di ricercatori italiani.
A differenza dei sistemi utilizzati fino a oggi, il protocollo non si basa sui test uditivi standard (esame audiometrico tonale), nei quali si misura la capacità uditiva attraverso la somministrazione di singoli toni puri in cuffia per alcune singole frequenze principali e, talvolta, per alcune intermedie. Ma valuta la reale gravità della perdita uditiva prendendo in considerazione tutte le frequenze, comprese le quelle singole solitamente non misurate, ma percepibili da un orecchio sano. In questo modo è possibile individuare quali frequenze causano il problema uditivo, per poi realizzare il miglior bilanciamento uditivo ancora praticabile per l'orecchio trattato.
Il protocollo valuta l'entità del deficit attraverso 5 step: regolazione degli apparecchi acustici attraverso una procedura di preimpostazione dei parametri di amplificazione, calibrazione e poi ottimizzazione della soglia soggettiva, eseguita durante due successivi appuntamenti, definizione del bilanciamento volume generale (vengono ottimizzati i livelli di soglia minima e massima dell'intero campo di udibilità realizzato per ciascun orecchio e in questo contesto viene anche ottimizzato il bilanciamento del volume generale di ascolto percepito tra i due orecchi), e infine equocentro percettivo, cioè conquista della migliore nuova soglia uditiva raggiungibile dall'orecchio, utile al recupero della sua migliore capacità uditiva possibile.
Il nuovo protocollo consente, inoltre, di apportare ulteriori correzioni allo schema impostato, consentendo di modificarlo di pari passo con il progredire della malattia o per adeguarsi alle naturali variazioni prodotte dalla evoluzione peggiorativa della ipoacusia dell'individuo, che influisce anche sull'assetto uditivo dell'orecchio interno.
Questo protocollo permette di superare il sistema tradizionale, che non garantiva di poter udire le voci, i suoni e i rumori in modo sufficientemente riequilibrato. Tale limitazione, oltre a creare difficoltà comunicative, rappresenta un limite invalidante in alcune professioni, ma, ancora di più, non garantisce al soggetto ipoacusico di riuscire a raggiungere il miglior recupero uditivo necessario per il ripristino della sua migliore chiarezza uditiva possibile soprattutto nell'ascolto uditivo in particolari condizioni, come durante l'ascolto di una sinfonia o a uno spettacolo teatrale, al cinema o alla tv.
Roberta Camisasca. Fonte: sanielph.it
Possiamo riconoscere subito la sordità neonatale con uno screening uditivo. Ecco come
Creato il 16 luglio 2015 da Antonioriccipv @antonioricci
La sordità o ipoacusia congenita rappresenta sicuramente un importante problema sociale. La sua frequenza è relativamente elevata, colpisce infatti da uno a tre neonati su mille, senza differenze di sesso e con incidenza maggiore nelle regioni meridionali del nostro Paese.
L’ipoacusia congenita ha in più della metà dei casi origine genetica ed il tipo di difetto più frequente è l’incapacità di sintetizzare una proteina necessaria alla funzione uditiva. I soggetti portatori sani del difetto, cioè con udito normale, sono relativamente numerosi e dalla loro unione possono nascere bambini con sordità congenita.
Altra importante causa è rappresentata da alcune malattie infettive, soprattutto virali, che colpiscono la madre durante la gravidanza, spesso senza sintomi appariscenti; la rosolia, prima dell’avvento della vaccinazione di massa, era la maggiore responsabile di sordità congenita, associata ad altre gravi alterazioni.
Attualmente è l’infezione da Citomegalovirus durante la gravidanza la causa non genetica più frequente di ipoacusia neonatale.
La diagnosi può essere occasionale, perché la malattia dà scarsi sintomi nella madre e la maggior parte dei neonati, infettati per passaggio del virus attraverso la placenta, è del tutto asintomatico alla nascita, ma potrà sviluppare in seguito, anche a distanza di oltre un anno, una sordità progressiva.
La diagnosi può essere posta nella madre mediante il dosaggio regolare degli anticorpi anti-citomegalovirus durante la gravidanza e, in caso di infezione intrauterina sospetta, la ricerca del virus nel sangue, nelle urine o nella saliva del neonato confermerà la diagnosi.
Sarà così possibile praticare una terapia specifica, spesso in grado di evitare, o almeno limitare, il deficit uditivo.
Se la sordità congenita non viene diagnosticata precocemente è causa di grave disabilità, con irreversibili alterazioni del linguaggio e deficit nell’apprendimento e relazionale. Solamente la sua individuazione precoce, prima del 5°-6° mese di vita ed il ricorso immediato a programmi riabilitativi e di logopedia fino all’utilizzo di protesi uditive nei gradi più severi e bilaterali, è in grado di assicurare uno sviluppo psicointellettivo del bambino pressoché normale.
La diagnosi precoce dei neonati affetti è possibile con l’attuazione di semplici indagini, attualmente proposte come programma di screening neonatale universale, che copra cioè almeno il 95% di tutti i nati del territorio nazionale, ma purtroppo non ancora realizzato in tutte le realtà. Al contrario, in assenza di test strumentali la diagnosi viene spesso posta non prima del 1° anno di vita o anche più tardi, quando i danni sono in gran parte irreversibili.
Lo screening uditivo è oggi possibile mediante l’utilizzo di semplici apparecchi, capaci di dare le risposte in pochi minuti. L’esame, chiamato valutazione delle fotoemissioni acustiche transitorie (TEOAE), non è invasivo né doloroso e consiste nell’applicazione di un piccolo auricolare al neonato durante il sonno tranquillo, anche tra le braccia della madre, attraverso il quale l’apparecchio emette dei deboli segnali acustici e registra ed analizza automaticamente le risposte.
La procedura dura pochi minuti e, ove attivo il programma di screening, deve essere eseguita a 24-48 ore di vita, preferibilmente nel punto nascita. Come tutti i test di screening esiste la possibilità dei cosiddetti “falsi positivi”, cioè rilevare risposte alterate in neonati perfettamente sani. Per tale motivo il test si ripete entro sette giorni e solamente in caso di risultato ancora positivo il piccolo verrà sottoposto ad indagini più approfondite nei Centri di audiologia di 2° livello.
E’ necessario tranquillizzare le mamme in caso di risultato positivo al 1° test TEOAE in quanto i test di screening non sono procedure diagnostiche e la loro finalità è quella di individuare gli individui a rischio, da sottoporre ad ulteriori indagini per raggiungere una diagnosi di certezza.
Lo screening uditivo neonatale è accettabile, sicuro, sensibile e sostenibile. Come già avviene per alcune malattie congenite come l’ipotiroidismo, la fenilchetonuria e la fibrosi cistica, la cui frequenza è peraltro sensibilmente inferiore a quella della sordità congenita, bisogna estendere al più presto l’esecuzione dell’esame delle emissioni otoacustiche in tutti i punti nascita del territorio nazionale; si potrà così eliminare nel nostro Paese la piaga sociale del neonato con ipoacusia congenita grave non trattata correttamente e per questo condannato ad una vita di grave disagio.
Fonte: it.paperblog.com
Uno su 10 è sordo, dall'Italia protocollo innovativo
Importanti passi in avanti nella cura riabilitativa di individui affetti da sordità, che, secondo le stime dell'Ocse, rappresentano circa il 10% della popolazione e quasi il 40% degli over 65. La novità arriva proprio dall'Italia, dove le persone affette da ipoacusia sono oltre 7 milioni, e consiste in una metodologia adattabile a tutti gli apparecchi acustici di ultima generazione e sviluppato da un team di ricercatori italiani.
A differenza dei sistemi utilizzati fino a oggi, il protocollo non si basa sui test uditivi standard (esame audiometrico tonale), nei quali si misura la capacità uditiva attraverso la somministrazione di singoli toni puri in cuffia per alcune singole frequenze principali e, talvolta, per alcune intermedie. Ma valuta la reale gravità della perdita uditiva prendendo in considerazione tutte le frequenze, comprese le quelle singole solitamente non misurate, ma percepibili da un orecchio sano. In questo modo è possibile individuare quali frequenze causano il problema uditivo, per poi realizzare il miglior bilanciamento uditivo ancora praticabile per l'orecchio trattato.
Il protocollo valuta l'entità del deficit attraverso 5 step: regolazione degli apparecchi acustici attraverso una procedura di preimpostazione dei parametri di amplificazione, calibrazione e poi ottimizzazione della soglia soggettiva, eseguita durante due successivi appuntamenti, definizione del bilanciamento volume generale (vengono ottimizzati i livelli di soglia minima e massima dell'intero campo di udibilità realizzato per ciascun orecchio e in questo contesto viene anche ottimizzato il bilanciamento del volume generale di ascolto percepito tra i due orecchi), e infine equocentro percettivo, cioè conquista della migliore nuova soglia uditiva raggiungibile dall'orecchio, utile al recupero della sua migliore capacità uditiva possibile.
Il nuovo protocollo consente, inoltre, di apportare ulteriori correzioni allo schema impostato, consentendo di modificarlo di pari passo con il progredire della malattia o per adeguarsi alle naturali variazioni prodotte dalla evoluzione peggiorativa della ipoacusia dell'individuo, che influisce anche sull'assetto uditivo dell'orecchio interno.
Questo protocollo permette di superare il sistema tradizionale, che non garantiva di poter udire le voci, i suoni e i rumori in modo sufficientemente riequilibrato. Tale limitazione, oltre a creare difficoltà comunicative, rappresenta un limite invalidante in alcune professioni, ma, ancora di più, non garantisce al soggetto ipoacusico di riuscire a raggiungere il miglior recupero uditivo necessario per il ripristino della sua migliore chiarezza uditiva possibile soprattutto nell'ascolto uditivo in particolari condizioni, come durante l'ascolto di una sinfonia o a uno spettacolo teatrale, al cinema o alla tv.
Roberta Camisasca. Fonte: sanielph.it
PER SAPERE DI PIU'
«La storia è testimonio dei tempi, luce della verità, vita della memoria, maestra della vita» (Cicerone)
«La storia non è utile perché in essa si legge il passato, ma perché vi si legge l’avvenire» (M.D’Azeglio)
«Bisogna ricordare il “passato” per costruire bene il “futuro”» (V.Ieralla)
Per qualsiasi segnalazione, rettifica, suggerimento, aggiornamento, inserimento dei nuovi dati o del curriculum vitae e storico nel mondo dei sordi, ecc. con la documentazione comprovata, scrivere a: info@storiadeisordi.it
"Storia dei Sordi. Di Tutto e di Tutti circa il mondo della Sordità", ideato, fondato e diretto da Franco Zatini
«La storia non è utile perché in essa si legge il passato, ma perché vi si legge l’avvenire» (M.D’Azeglio)
«Bisogna ricordare il “passato” per costruire bene il “futuro”» (V.Ieralla)
Per qualsiasi segnalazione, rettifica, suggerimento, aggiornamento, inserimento dei nuovi dati o del curriculum vitae e storico nel mondo dei sordi, ecc. con la documentazione comprovata, scrivere a: info@storiadeisordi.it
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