domenica 21 luglio 2019

Dall’esclusione all’integrazione delle persone con disabilità

Con orgoglio oggi possiamo affermare di vivere in un contesto culturale rispetto al passato nel quale le persone disabili sono riconosciute uguali a ogni uomo e a loro spettano gli stessi diritti di tutti. Devono essere rispettate e valorizzate per la loro dignità umana.


Lo scenario che emerge sottolinea che le differenze personali non sono un problema anzi sono delle risorse che chiedono di essere valorizzate.

Le persone disabili, come recita la Dichiarazione di Madrid del 2002, formano un gruppo eterogeneo e diversificato, e la disabilità è una galassia vastissima che include differenze e varietà immense. Le vite disabili sono tante quante le persone che le vivono. In questo senso la disabilità è l’esserci delle differenze nel quotidiano.

La disabilità non è una malattia, è, utilizzando le parole dell’International Classification of Functioning, Disability and Health – ICF dell’OMS (2001), la conseguenza o il risultato di una complessa relazione tra la condizione di salute di un individuo, fattori personali e fattori ambientali. E’ il prodotto, nella prospettiva della Convenzione sui diritti delle persone con disabilità adottata dall’ONU nel 2006, dell’interazione tra persone con menomazioni e barriere comportamentali ed ambientali che impediscono la loro piena ed effettiva partecipazione alla società sulla base di uguaglianze con gli altri.

Proprio l’integrazione di tutti, nella prospettiva del godimento dei diritti, comporta un sistema sociale capace di modellarsi su ogni cittadino ed un contesto scolastico con sistemi educativi flessibili, capaci di rispondere alle diverse, magari anche complesse, esigenze di ognuno. Del resto il compito di una società che vuole essere davvero civile è quello di rimuovere gli ostacoli che possono impedire la piena partecipazione di tutti. Questo discorso oggi può apparire persino scontato. In realtà è il frutto di un crescente ed inarrestabile cambiamento culturale.

E’ il risultato di una continua evoluzione sociale nella quale sono stati vinti i pregiudizi nei confronti delle persone disabili e nella quale, in modo progressivo, sono stati fatti dei significativi passi per vincere l’esclusione delle persone disabili. A partire dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo dall’ONU (1948), per passare alla Dichiarazione dei diritti delle persone disabili della Nazioni Unite (1975), fino ad arrivare alla Convenzione sui diritti delle persone con disabilità (2006), è avvenuta una svolta epocale che ha portato a superare sia il forte stigma di anormalità collegato alle persone disabili sia il potente pregiudizio che vedeva in loro delle persone diverse e quindi non uguali agli altri, convinzione errata che ha spinto a realizzare per loro degli interventi basati su modalità separate e distinte rispetto ai normali contesti di vita. Se oggi la disabilità può essere guardata in un modo diverso rispetto al passato è perché soprattutto a partire dalla metà del XX secolo, sia a livello internazionale che a livello europeo, si è sviluppata verso le persone disabili un’attenzione positiva, meglio un’attenzione civile e davvero umana, che ha chiamato in causa le istituzioni per offrire una risposta normativo istituzionale ed educativa rispettosa della dignità personale. Ancora però si deve affiancare un concreto pacchetto di iniziative volte a garantire la libertà di vivere come tutti.

Questa difficoltà di fare “il salto di qualità” è ancora evidente. Ritengo, però, che siamo ancora molto lontani dall’orientare la nostra mente verso la visuale del mondo disabile come risorsa e dal porre le condizioni affinché vengano predisposte specifiche campagne di comunicazione, per promuovere una nuova immagine del mondo della disabilità; disabilità come risorsa, solidarietà, partecipazione, pari opportunità, non discriminazione.

Le persone con disabilità possono diventare soggetti socialmente attivi e dobbiamo dar loro la possibilità di diventarlo. Il dovere di tutti noi è quello di farci carico della loro stessa volontà e di assumerla socialmente, politicamente, eliminando qualsiasi ostacolo psicologico, giuridico, fisico che tenda a isolarla, abbattendo il pregiudizio, la negligenza che nasconde, umilia ed oltraggia.

E’ imprescindibile che si abbandoni l’idea dell’assistenzialismo e si guardi alle persone diversamente abili in maniera attiva, senza pietismo, ma come risorse positive della comunità. Non dovrebbe mai mancare il rispetto e l’attenzione verso chi, da una posizione differente e svantaggiata, ci dimostra di essere in grado di insegnarci volontà e forza vitale.
Mariangela Di Gneo. Fonte: orizzontescuola.it

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