lunedì 9 dicembre 2013

Le barriere invisibili. Non ritorniamo indietro di secoli.

È pur vero che la disabilità dell’udito e della parola, nei tempi passati -  e non  molto lungi dal nostro tempo - erano connaturati ai soggetti indicati col termine  «i sordomuti», «i sordi», o «i muti», impedendo loro, spessissimo, quella sortita di idee e scambi emozionali necessari  nel confronto degli individui.  


Ecco che corrisponde a verità quando si afferma che la sordità livella la cultura in basso. Chi è colto, ricco di vocaboli e pensieri, talvolta è tagliato fuori negli alti scambi, a meno che non abbiamo sviluppato un linguaggio visuomanuale di codici appropriati per uno scibile. E’ reale che la lingua dei segni italiana  (Lis) è utile, tuttavia, fra i sordi d’oggi, che frequentano le  scuole territoriali, è poco conosciuta.  E allora accade che,  in molti sordi, la sordità frena l’entusiasmo di progettare  insieme o/e di aprirsi all’altro. Tanti sordi restano «bloccati», prigionieri della propria disabilità sensoriale. Ed è qui, in questa psicologia elementare e opportunistica che primeggiano i soccorritori d’occasione o di comodo, spacciandosi d’essere esperti e/o d’avere titoli professionali per risolvere le problematiche dei sordi.
Poveri sordi, cascano ancora una volta in trappola! Ciò non induce condannare solo gli opportunisti (per fortuna non tutti lo sono!), ma anche il Ministero vigilante che dovrebbe predisporre “apposite schede” sull’operatività degli enti delegati per i disabili sensoriali dell’udito e della parola, qui in Italia.

Non dobbiamo né possiamo fare a meno dell’impegno concreto dei pochi sordi che vogliono presentarsi (o  essere) quel che potenzialmente sono nella realtà, vale  a dire: “Noi  vogliamo autogestirci indicando, alla comunità di maggioranza, i nostri reali bisogni.”  E in una comunità di gente, che ha la sanità dei principali sensi  - udito e vista -  le persone con un deficit d’udito o sorde gravi, sono soggiogate da presuntuosi operatori che, secondo i casi, vengono demandati a condurre progetti lucrosi (più per se stessi e i propri momentanei seguaci). Questo livellamento di sordi colti e/o intelligenti e/o coraggiosi oggi è drammatico perché, effettivamente, è rimandare al medioevo l’istruzione dei sordi cancellando la storia educativa e il riscatto culturale, ciò che tanto hanno compiuto Padre de l’Epée, Sicard, Silvestri, Smaldone e tanti altri.

C’è la necessità d’essere noi nella società d’oggi perché sappia, lontano dai mestatori, che possiamo ri-costruire la nostra educazione e istruzione. Sappiamo che è difficile, ma non è impossibile se ci confrontiamo con esponenti sordi in possesso di un’ottima istruzione! Pertanto mai delegare quel che possiamo fare noi:  e che non facciamo per pigrizia, per non prenderci responsabilità, quel “tirar avanti” alla giornata, sempre pronti tuttavia  a criticare chi tenta d’uscire dal recinto!

Non lamentiamoci se il Ministero vigilante, di cui al Decreto-Legge 31 agosto 2013, n. 101, ci invita – letteralmente – a prendere in mano il nostro destino.
Renato Pigliacampo


PER SAPERE DI PIU'
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«La storia non è utile perché in essa si legge il passato, ma perché vi si legge l’avvenire» (M.D’Azeglio)
«Bisogna ricordare il “passato” per costruire bene il “futuro”» (V.Ieralla) 
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"Storia dei Sordi. Di Tutto e di Tutti circa il mondo della Sordità", ideato, fondato e diretto da Franco Zatini