mercoledì 7 giugno 2017

Sara Giada Gerini: “Sono sorda ma parlo. Ecco la mia iniziativa di civiltà”

“Anche i sordi parlano. Molte persone non lo sanno. Sono qui per dimostrarlo”. Sara Giada Gerini, di Cagliari, 37 anni, ieri sera ha partecipato, al Teatro Alighieri di Ravenna, al Gran Galà organizzato dall’associazione “L’Orecchio Magico” e dall’Accademia di danza Cecchetti nel decennale della onlus.

L’abbiamo incontrata a poche ore dallo spettacolo, superando noi stessi quell’imbarazzo che ti porta a pensare: “E ora come comunico con lei?”. Niente di più facile. Perché Sara, sorda dalla nascita a causa della rosolia contratta dalla mamma durante la gravidanza, pur non usando la lingua dei segni (Lis) che comunque conosce, e che nell’immaginario comune è l’unica forma di linguaggio che hanno i sordi – non a caso chiamati per molto tempo sordomuti – ha iniziato a parlare all’età di cinque anni, un po’ grazie agli apparecchi acustici e un po’ grazie alla sempre più sviluppata capacità di leggere il labiale, che le hanno consentito di acquisire un’ottima capacità linguistica: “Mi definisco una sorda oralista, anche se ho acquisito consapevolezza rispetto alla mia identità dopo vari passaggi per me fondamentali”. A partire da quando, alla scuola media, durante una gita scolastica, un compagno a cui Sara lesse il labiale disse: “Poverina, è sorda”.

Un rivelazione per Sara, che fino ad allora non si era mai incasellata nella categoria “non udente”, anche perché a casa – ma anche alle elementari – nessuno l’aveva mai bollata come tale o fatta sentire diversa e discriminata. A quella crisi ne è subentrata una recente, quando dopo undici anni di lavoro in un negozio di telefonia, durante i quali un cliente è arrivato a chiedere cosa ci facesse una sorda lì, ha iniziato a sentire stretta quell’occupazione: “Fin da piccola sognavo di spaccare il mondo, tesa com’ero a combattere contro i soprusi, agguerrita ogni volta che qualcuno voleva toccarmi le protesti acustiche, che ho sempre considerato le mie migliori amiche”.

Sara allora si licenzia con l’idea di raggiungere un’amica a Valencia. Ma mentre pensa al viaggio, un giorno rientra a casa e, davanti alla bolletta della luce con incorporato il canone Rai, le sale la rabbia: “Ho sentito un’impotenza incredibile. Essere costretti a pagare per un servizio che non funziona, quello dei sottotitoli, mi è parso assurdo e ingiusto. Ho scritto uno sfogo sul mio profilo personale Facebook, dopo il quale qualche giornalista mi ha chiamata per saperne di più. Solo due giorni dopo, mentre ero a cena da mia zia, mi è venuta l’idea di girare un video di un minuto sulla questione, con l’hashtag #FacciamociSentire. Mai avrei immaginato un tale putiferio”.

Dopo due ore, al rientro dalla spesa, Sara trova sul telefono migliaia e migliaia di notifiche: “I like, da 500, erano passati a 30mila. Le visualizzazioni del video, in un giorno, sono arrivate a due milioni, per salire a 5 milioni in 48 ore. Non riuscivo a stare dietro ai messaggi, il cellulare era un continuo vibrare. Per chi non usa la Lis, la copertura 24 ore su 24 di tutte le trasmissioni della televisione pubblica con i sottotitoli è un diritto. Purtroppo la sordità è un problema invisibile, che porta a negare i nostri diritti. Ancora nulla di concreto si è mosso a livello politico, nonostante i contatti, ma il mio obiettivo è arrivare a una legge che vada persino oltre, affinché anche nelle stazioni, negli aeroporti e negli uffici pubblici sia data a tutti quelli come me la possibilità di comunicare e capire”.

Sara in questi anni ha sbalordito le persone anche grazie ai suoi successi sportivi, che hanno in qualche modo mascherato la sua sordità: “Quando ho vinto il titolo di campionessa di beach tennis, sono salita sul podio e, mentre ringraziavo, ho detto a tutti che sono sorda. Il pubblico è rimasto come attonito, è calato un silenzio surreale, quasi non ci credevano. Volevo dimostrare che si può anche non sentire con le orecchie ma lo si può fare con il cuore, tramite la passione. Stessa cosa è successa quando ho vinto un titolo di beach volley”.

Senza contare quando, all’Università, dopo aver preso 28 all’esame di inglese, la docente si è alzata in piedi raccontando agli altri studenti che Sara aveva fatto un doppio lavoro per prepararsi e che per questo era bene che tutti sapessero che bel voto avesse appena preso. E senza contare quando due mesi fa a Londra, dove Sara è rimasta due settimane per seguire un corso di lingua in una scuola EC English, al grido “I am deaf, help me” l’insegnante si è messa in discussione, studiando una nuova tipologia di lezione per facilitarle l’attività di ascolto: “Molte delle attività venivano svolte in cerchio, in modo che noi studenti ci guardassimo sempre negli occhi. Quando i miei compagni hanno capito il motivo, si sono stretti intorno a me, ammirandomi ancora di più, proprio loro che fino a quella rivelazione mi avevano copiata durante i compiti, come hanno confessato all’insegnante”. Ora la scuola, dopo l’esperienza con Sara, sta studiando un progetto per aprire le porte ai sordi oralisti, visto che il metodo è stato in parte collaudato.

“Reddit sonum in corde quod silentium tacet”, recita il tatuaggio che Sara ha sul braccio destro. Perché il silenzio può anche fare rumore. Se a vibrare è il cuore.
Fonte: emiliaromagnamamma.it

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