Viene chiamato «sport silenzioso» ed è invisibile. La sordità è disabilità nascosta. Ma c'è. E pesa. Eppure ci sono campioni straordinari, che senza sentire hanno saputo vincere, magari a Olimpiadi e Mondiali. Ci sono anche i Giochi per atleti sordi, i Deaflympic: all'ultima edizione a Sofia, c'erano 3200 atleti di 100 Paesi. Derrick Coleman è oggi il più famoso.
È nato con sordità profonda e ha vinto il Superbowl, la finale del football americano, nel 2014, quando i suoi Seahawks di Seattle batterono i Denver Broncos. Alla scuola della periferia di Los Angeles lo chiamavano «quattrorecchie».
«Basta che metti l'apparecchio in modalità off», gli diceva papà. Non conosce la lingua dei segni, usa protesi acustiche e legge il labiale. In uno sport pieno di schemi, non si può sbagliare: «Cerco di leggere le labbra del quarterback, ma se non capisco non sono così timido. Vado e gli dico: "Hey, non ho capito"».
Italia Fra gli azzurri, il pugile Mario D'Agata fu campione mondiale dei pesi gallo nel 1956.
Barbara Oddone, genovese, è un vanto italiano nel mondo. Nessuno come lei: 15 medaglie d'oro, due d'argento e una di bronzo in sei edizioni dei Deaflympics.
In Nazionale (udenti) under 18, è stata professionista e ha partecipato a tornei Wta. Alle Olimpiadi, la più vincente è stata l'ungherese Ildiko Rejto: cinque Olimpiadi da Roma 60 a Montreal 76 con due medaglie d'oro, due d'argento e una di bronzo. A Sydney 2000, il sudafricano Terence Parkin vinse l'argento nei 100 rana dietro Domenico Fioravanti.
Lo start gli venne dato con un raggio luminoso. Organizzazione Le prime società sportive per atleti con disabilità sono quelle per sordi, dopo la seconda metà del 1800. Solo l'Olimpiade è nata prima dei Deaflympics (Parigi 1924).
La sordità non è disabilità presente alla Paralimpiade: il Comitato Internazionale dello Sport per Sordi (Ciss), fra i membri fondatori del Comitato Paralimpico (Ipc) nel 1989, ritirò poi l'adesione, facendo perdere il diritto di partecipare ai Giochi. Derrick fa incontri nelle scuole: «Cerco di cambiare la percezione. Quando vedo che i giovani sono pigri, spiego che non mi riguarda. Il tuo problema non è la tua scusa».
Claudio Arrigoni da La Gazzetta dello SportPER SAPERE DI PIU
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