Imparare la lingua dei sordi, non aiuta, ho letto, non nascondo con amarezza, l'articolo di Varesenews dell’11/06/2014 che enfatizzava l'esperienza di una scuola elementare di Cunardo in cui a tutti i compagni di classe di un piccolo alunno sordo è stato insegnata la lingua dei segni, per evitare di emarginarlo.
Mi viene spontaneo chiedere se allora in classe ci fosse un bimbo claudicante o paraplegico sarebbe corretto insegnare a tutti a zoppicare o a muoversi in sedia a rotelle? Credo fermamente che non è diventando tutti così che si possa pensare di non emarginare chi è “diversamente abile”, ma è solamente aiutando e cercando di curare e migliorare l'handicap che si aiuta chi ha un problema.
Lodo ed apprezzo lo zelo e l'impegno delle insegnanti che hanno realizzato questo progetto, diffido invece di chi non ha voluto dare corrette informazioni alle stesse, non tenute ad essere tutto loghe ed informate su tutti gli aspetti sanitari; era pertanto doveroso fornire a loro tutte le informazioni riguardanti la sordità.
I bambini sordi, infatti, oggi, grazie alle moderne tecnologie e alle cure in centri di alta specializzazione (a Varese ne esiste un esempio tra i migliori in Europa) possono iniziare a sentire a circa un anno, arrivando all'età scolare udenti al pari dei compagni normoudenti!
Naturalmente questo vale per la maggioranza dei casi. Ci sono purtroppo alcuni casi, ma non ci risulta essere questo, in cui per gravi patologie associate non è possibile nessuna cura. Solo in questi casi noi riteniamo non solo doveroso, ma d’obbligo supportare il bambino con la lingua dei segni, unica sua possibilità per comunicare con il mondo. In ogni caso, fermo restando che noi riteniamo che sentire sia una gioia talmente grande da non poter essere preclusa ad ogni bambino, curarsi resta sempre una scelta individuale.
Ci risulta che a Varese sia arrivato un bambino africano già di 8 anni che non aveva mai sentito ma che, grazie alle cure ricevute oggi frequenti la scuola media e pratichi sport senza alcuna necessità di utlizzare la lingua dei segni ma in questo caso sia la famiglia sial le insegnanti hanno ricevuto tutte le informazioni sulle possibilità terapeutiche.
Capisco che tutti ci sentiamo più buoni cercando di aiutare chi è meno fortunato, ma nella quotidianità, nella routine di sempre, nelle difficoltà della vita è poi difficile mantenere certi ideali e riuscire sempre a " rimorchiarci" chi non sa correre come noi, capire veloci come noi, spiegarsi bene come noi! Non sarebbe più giusto impegnarci per cercare di migliorare la qualità di vita, permettendo di curare la propria malattia. Essere sordi significa avere le orecchie ammalate e difettose, oggi si può curare la sordità: i sordi possono, se vogliono, sentire e parlare!
AGUAV, Associazione Genitori ed Utenti Audiovestibologia di Varese, è formata da 700 famiglie di bambini e persone sorde che non si sono arrese alla malattia, non hanno creduto che essere sordi fosse appartenere ad una etnia diversa, con lingua e cultura propria, ma hanno creduto che i propri familiari sordi fossero in tutto e per tutto uguali a sè. Ed hanno vinto la scommessa, bastava partecipare alla Festa dell'Associazione svoltasi l'8 giugno u.s per capire come i sordi del terzo millennio parlano la nostra lingua come tutti noi e cantano in inglese come tutti i giovani di oggi!
Grazie dell'attenzione. Tiziana Basso Roi - Presidente dell'associazione Aguavredazione@varesenews.it
Fonte: varese.news.it
L'alunno è sordo, docenti e compagni imparano la lingua dei segni per lui
La storia è stata raccontata in un corto dagli alunni della I B della scuola media Vaccarossi e ha vinto il premio del pubblico a “Cortisonici ragazzi”
Un bambino sordo arrivato dal Marocco in quarta elementare, delle docenti appassionate del loro lavoro e degli studenti pronti a metteresi in gioco. È questa la storia vincente che arriva da Cunardo e che ha, per l'appunto, vinto un premio nell'edizione 2014 di “Cortisonici ragazzi”. A raccontarla in un cortometraggio dedicato alla LIS gli studenti della I B della scuola secondaria di primo grado Vaccarossi di Cunardo.
Il video ha vinto premio del pubblico nel corso della decima edizione della rassegna. «Con i nostri studenti abbiamo deciso di scegliere il tema della lingua dei segni che tutti loro stanno imparando – hanno spiegato le docenti Miriam Gant, Iolanda Brenga e Samanta Severgnini che hanno coordinato il progetto – per poter comunicare con un loro compagno di classe sordo e facilitare il suo inserimento nel gruppo. Il cortometraggio è stato girato con la collaborazione di Mauro De Paoli, docente LIS, e Mauro Dori, futuro docente LIS, che ringraziamo per il prezioso contributo».
Dopo un anno di lavoro, l’opera degli studenti di I B è stata trasmessa per la prima volta lo scorso giovedì presso nel Cinema Teatro Nuovo di Varese e ha subito riscosso successo tra il pubblico. «Per realizzare il video – hanno commentato le insegnanti – i ragazzi si sono ispirati alla loro esperienza reale legata alla vita quotidiana di classe. Dalle immagini, emerge il desiderio di infrangere la barriera del silenzio e scoprire che ci sono modi diversi per comunicare con persone speciali».
Il lavoro dei ragazzi dell’Istituto Vaccarossi mirava anche a sensibilizzare e richiamare l’attenzione su un problema di scottante attualità: il riconoscimento della LIS anche in Italia. Una lingua valida a tutti gli effetti e utilizzata da moltissime persone sorde ma che, nel nostro Paese, non è ancora stata riconosciuta dalla legge. Dopo la premiazione lo scorso venerdì, l’amministrazione comunale ha scelto di proiettare il cortometraggio domenica sera presso il parco Formentano. «Anche la comunità cunardese ha apprezzato moltissimo il lavoro degli studenti - hanno concluso le docenti - . Il video è stato un lavoro sentito, ideato, gestito e realizzato interamente dai ragazzi con il sostegno di noi insegnanti e un gesto concreto per sostenere l’importanza della LIS per la comunicazione con gli studenti sordi».
Alla realizzazione del corto hanno partecipato numerosi studenti: Aldi Arapay, Alessio Avai , Gabriele Belli, Alessio Binda, Arianna Chiodo, Amine Ennami, Said Khallaf, Dennis Luca, Mattia Mascia, Mattia Miranda, Erika Monaco, Alice Paternuosto, Elisa Prevostini, Alice Sabaini, Alessandro Valsecchi, Sara Vigezzi, Alicia Ventrice, Silvia Zandegù.
Fonte: Varesenews.it
Sordi, non "non udenti"Mi chiamo Annachiara Roncari e faccio l'assistente alla comunicazione per persone sorde. Ho letto l'articolo in cui il presidente dell'Aguav critica il progetto sulla LIS svolto nella scuola di Cunardo. Senza fare polemica, ho commentato un post in merito a questo argomento su una pagina facebook, riportando un mio pensiero nato dalla mia esperienza di lavoro e vita. Lo mando anche a voi, dato che è un pensiero nato in risposta all'articolo da voi pubblicato. Vi ringrazio, cordiali saluti,
Se mettessimo tante ragazze e un ragazzo in una stanza e dicessimo: “Poverino! Quel ragazzo è malato, è un “diversamente ragazza”, bisogna aiutarlo e renderlo uguale a tutti gli altri, facciamogli un regalo e aggiustiamolo”, che effetto produrrebbero le nostre parole?
E se mettessimo dei francesi e un italiano in una stanza e dicessimo: “Poverino! Quell’uomo è malato, è un “diversamente francese”, bisogna aiutarlo e renderlo uguale a tutti gli altri, facciamogli un regalo e aggiustiamolo”?
Se non altro il nostro discorso sembrerebbe peccare di presunzione e daremmo l’impressione di voler rendere gli altri uguali a noi perché noi siamo “il meglio”.
Ora, perché le cose dovrebbero cambiare se si parla di una classe di bambini udenti e di un sordo? Cosa ci da il diritto di vederlo come un malato, un “diversamente normale” da aggiustare per poterlo finalmente rendere uguale a noi?!
Faccio l’assistente alla comunicazione e conosco molte persone sorde… : troppe di loro si trovano troppo spesso a scontrarsi con una società che, considerandole rotte, vorrebbe aggiustarle, intervenire in modo da riparare al danno, farle essere almeno un po’ “normali”, portatrici di quella normalità che cerchiamo di ridare loro almeno con la parola, inserendo il senso “rotto” nell’etichetta che affibbiamo loro, in un modo che ci sembra educato e molto politically correct.
Così, mentre sorridendo li chiamiamo “non vedenti” e “non udenti”, convinti di rispettarli maggiormente, non ci accorgiamo che li stiamo invece definendo proprio per ciò che non sono, non per ciò che sono.
Sono sordi. Il loro è un mondo, è un modo di essere, caratterizzato da una cultura e da un modo di pensare tipico. Ed è così che vogliono essere riconosciuti , ed è di ciò che sono giustamente orgogliosi.
Non trovo sia giusto imporre a nessuno un modo di vedere, chiedo solamente che si rispetti la libertà di ciascuno. Se una persona sorda sceglie di usare la LIS significa che si trova meglio così…Chi sono io per avere la presunzione di mettermi al suo posto e dire che per lui sarebbe meglio un’altra cosa? Conosco moltissimi sordi che segnano e tutti loro parlano. La sede dell’ENS si chiama “Casa del Sordo Parlante”, molti di loro non hanno nessuna difficoltà ad usare sia la lingua parlata che la LIS, perché crescono o diventano bilingue, bagnando il naso a tutti quegli udenti che faticano a mettere insieme 4 parole di inglese.
Non ci scandalizziamo se ai nostri ragazzi a scuola vengono insegnati l’inglese e il francese, perché dobbiamo scandalizzarci se viene insegnata la LIS?
Questa reazione nasce solo e unicamente se nell’occhio che osserva un segnante c’è un pregiudizio, solo se guardando una mano che si muove velocemente e, credetemi, in un modo molto espressivo e comunicativo, vediamo una mancanza, una malattia, un guasto, una “non parola”.
Un segno non è una “non parola”, è un segno.
Un sordo non è un “non udente”, è un sordo.
Esattamente come io che scrivo non sono un “non tu”, sono io.
Annachiara Roncari - assistente alla comunicazione per persone sorde.
Fonte: varesenews.it (1 luglio)
Un bambino sordo arrivato dal Marocco in quarta elementare, delle docenti appassionate del loro lavoro e degli studenti pronti a metteresi in gioco. È questa la storia vincente che arriva da Cunardo e che ha, per l'appunto, vinto un premio nell'edizione 2014 di “Cortisonici ragazzi”. A raccontarla in un cortometraggio dedicato alla LIS gli studenti della I B della scuola secondaria di primo grado Vaccarossi di Cunardo.
Il video ha vinto premio del pubblico nel corso della decima edizione della rassegna. «Con i nostri studenti abbiamo deciso di scegliere il tema della lingua dei segni che tutti loro stanno imparando – hanno spiegato le docenti Miriam Gant, Iolanda Brenga e Samanta Severgnini che hanno coordinato il progetto – per poter comunicare con un loro compagno di classe sordo e facilitare il suo inserimento nel gruppo. Il cortometraggio è stato girato con la collaborazione di Mauro De Paoli, docente LIS, e Mauro Dori, futuro docente LIS, che ringraziamo per il prezioso contributo».
Dopo un anno di lavoro, l’opera degli studenti di I B è stata trasmessa per la prima volta lo scorso giovedì presso nel Cinema Teatro Nuovo di Varese e ha subito riscosso successo tra il pubblico. «Per realizzare il video – hanno commentato le insegnanti – i ragazzi si sono ispirati alla loro esperienza reale legata alla vita quotidiana di classe. Dalle immagini, emerge il desiderio di infrangere la barriera del silenzio e scoprire che ci sono modi diversi per comunicare con persone speciali».
Il lavoro dei ragazzi dell’Istituto Vaccarossi mirava anche a sensibilizzare e richiamare l’attenzione su un problema di scottante attualità: il riconoscimento della LIS anche in Italia. Una lingua valida a tutti gli effetti e utilizzata da moltissime persone sorde ma che, nel nostro Paese, non è ancora stata riconosciuta dalla legge. Dopo la premiazione lo scorso venerdì, l’amministrazione comunale ha scelto di proiettare il cortometraggio domenica sera presso il parco Formentano. «Anche la comunità cunardese ha apprezzato moltissimo il lavoro degli studenti - hanno concluso le docenti - . Il video è stato un lavoro sentito, ideato, gestito e realizzato interamente dai ragazzi con il sostegno di noi insegnanti e un gesto concreto per sostenere l’importanza della LIS per la comunicazione con gli studenti sordi».
Alla realizzazione del corto hanno partecipato numerosi studenti: Aldi Arapay, Alessio Avai , Gabriele Belli, Alessio Binda, Arianna Chiodo, Amine Ennami, Said Khallaf, Dennis Luca, Mattia Mascia, Mattia Miranda, Erika Monaco, Alice Paternuosto, Elisa Prevostini, Alice Sabaini, Alessandro Valsecchi, Sara Vigezzi, Alicia Ventrice, Silvia Zandegù.
Fonte: Varesenews.it
Sordi, non "non udenti"Mi chiamo Annachiara Roncari e faccio l'assistente alla comunicazione per persone sorde. Ho letto l'articolo in cui il presidente dell'Aguav critica il progetto sulla LIS svolto nella scuola di Cunardo. Senza fare polemica, ho commentato un post in merito a questo argomento su una pagina facebook, riportando un mio pensiero nato dalla mia esperienza di lavoro e vita. Lo mando anche a voi, dato che è un pensiero nato in risposta all'articolo da voi pubblicato. Vi ringrazio, cordiali saluti,
Se mettessimo tante ragazze e un ragazzo in una stanza e dicessimo: “Poverino! Quel ragazzo è malato, è un “diversamente ragazza”, bisogna aiutarlo e renderlo uguale a tutti gli altri, facciamogli un regalo e aggiustiamolo”, che effetto produrrebbero le nostre parole?
E se mettessimo dei francesi e un italiano in una stanza e dicessimo: “Poverino! Quell’uomo è malato, è un “diversamente francese”, bisogna aiutarlo e renderlo uguale a tutti gli altri, facciamogli un regalo e aggiustiamolo”?
Se non altro il nostro discorso sembrerebbe peccare di presunzione e daremmo l’impressione di voler rendere gli altri uguali a noi perché noi siamo “il meglio”.
Ora, perché le cose dovrebbero cambiare se si parla di una classe di bambini udenti e di un sordo? Cosa ci da il diritto di vederlo come un malato, un “diversamente normale” da aggiustare per poterlo finalmente rendere uguale a noi?!
Faccio l’assistente alla comunicazione e conosco molte persone sorde… : troppe di loro si trovano troppo spesso a scontrarsi con una società che, considerandole rotte, vorrebbe aggiustarle, intervenire in modo da riparare al danno, farle essere almeno un po’ “normali”, portatrici di quella normalità che cerchiamo di ridare loro almeno con la parola, inserendo il senso “rotto” nell’etichetta che affibbiamo loro, in un modo che ci sembra educato e molto politically correct.
Così, mentre sorridendo li chiamiamo “non vedenti” e “non udenti”, convinti di rispettarli maggiormente, non ci accorgiamo che li stiamo invece definendo proprio per ciò che non sono, non per ciò che sono.
Sono sordi. Il loro è un mondo, è un modo di essere, caratterizzato da una cultura e da un modo di pensare tipico. Ed è così che vogliono essere riconosciuti , ed è di ciò che sono giustamente orgogliosi.
Non trovo sia giusto imporre a nessuno un modo di vedere, chiedo solamente che si rispetti la libertà di ciascuno. Se una persona sorda sceglie di usare la LIS significa che si trova meglio così…Chi sono io per avere la presunzione di mettermi al suo posto e dire che per lui sarebbe meglio un’altra cosa? Conosco moltissimi sordi che segnano e tutti loro parlano. La sede dell’ENS si chiama “Casa del Sordo Parlante”, molti di loro non hanno nessuna difficoltà ad usare sia la lingua parlata che la LIS, perché crescono o diventano bilingue, bagnando il naso a tutti quegli udenti che faticano a mettere insieme 4 parole di inglese.
Non ci scandalizziamo se ai nostri ragazzi a scuola vengono insegnati l’inglese e il francese, perché dobbiamo scandalizzarci se viene insegnata la LIS?
Questa reazione nasce solo e unicamente se nell’occhio che osserva un segnante c’è un pregiudizio, solo se guardando una mano che si muove velocemente e, credetemi, in un modo molto espressivo e comunicativo, vediamo una mancanza, una malattia, un guasto, una “non parola”.
Un segno non è una “non parola”, è un segno.
Un sordo non è un “non udente”, è un sordo.
Esattamente come io che scrivo non sono un “non tu”, sono io.
Annachiara Roncari - assistente alla comunicazione per persone sorde.
Fonte: varesenews.it (1 luglio)
PER SAPERE DI PIU
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«La storia è testimonio dei tempi, luce della verità, vita della memoria, maestra della vita» (Cicerone)
«La storia non è utile perché in essa si legge il passato, ma perché vi si legge l’avvenire» (M.D’Azeglio)
«Bisogna ricordare il “passato” per costruire bene il “futuro”» (V.Ieralla)
Per qualsiasi segnalazione, rettifica, suggerimento, aggiornamento, inserimento dei nuovi dati o del curriculum vitae e storico nel mondo dei sordi, ecc. con la documentazione comprovata, scrivere a: info@storiadeisordi.it
"Storia dei Sordi. Di Tutto e di Tutti circa il mondo della Sordità", ideato, fondato e diretto da Franco Zatini
«La storia non è utile perché in essa si legge il passato, ma perché vi si legge l’avvenire» (M.D’Azeglio)
«Bisogna ricordare il “passato” per costruire bene il “futuro”» (V.Ieralla)
Per qualsiasi segnalazione, rettifica, suggerimento, aggiornamento, inserimento dei nuovi dati o del curriculum vitae e storico nel mondo dei sordi, ecc. con la documentazione comprovata, scrivere a: info@storiadeisordi.it
"Storia dei Sordi. Di Tutto e di Tutti circa il mondo della Sordità", ideato, fondato e diretto da Franco Zatini