domenica 21 gennaio 2018

Impianti per l’udito, con un algoritmo si potranno prevedere i benefici


Nuovo sistema ideato da studiosi cinesi e americani. Osserva il cervello dei bambini prima dell’intervento e ne deduce lo sviluppo futuro delle capacità. Impianti cocleari: un algoritmo per prevedere i miglioramenti nel linguaggio 


Il sistema osserva il cervello dei bambini con deprivazione uditiva prima dell’intervento e ne deduce lo sviluppo delle capacità per applicare eventualmente terapie mirate 

Un algoritmo capace di predire lo sviluppo delle capacità linguistiche nei bambini non udenti sottoposti a impianto cocleare è stato realizzato da un gruppo di ricercatori della Chinese University of Hong Kong e dell’Hospital of Chicago. Utilizzando i dati neuroanatomici di risonanza magnetica di 37 bambini sottoposti a impianto cocleare tra gli 8 e i 38 mesi di età e 40 bambini con udito normale e i dati di riconoscimento vocale ottenuti a sei mesi dall’intervento, i ricercatori hanno identificato regioni cerebrali affette da privazione uditiva e sviluppato un algoritmo di apprendimento automatico capace di prevedere il miglioramento nel parlato cui andrà incontro il bambino con deprivazione uditiva quando potrà sentire. 

«Il nostro studio è il primo a fornire ai medici e ai caregiver informazioni concrete su quanto sia prevedibile un miglioramento del linguaggio dato lo sviluppo cerebrale del bambino immediatamente prima dell’intervento chirurgico (di installazione del dispositivo)», ha detto la chirurga Nancy M. Young, del programma impianti cocleari dell’Ann & Robert H. Lurie Children’s Hospital of Chicago, autrice dello studio apparso su PNAS. «Poter prevedere i bambini a rischio è il primo passo fondamentale per migliorare i loro risultati. Metterà le basi per lo sviluppo di test e terapie personalizzate».  

GARANTIRE L’UDITO AI SORDI 
Gli impianti cocleari restituiscono al bambino non udente una possibilità che altrimenti non avrebbe: quella di processare gli stimoli provenienti dall’orecchio. Queste neuroprotesi consentono, quindi, a molti bambini di udire, comprendere e sviluppare il linguaggio parlato. Tuttavia, si è visto che alcuni di loro, nonostante il rispetto delle tempistiche nell’intervento di installazione, possono dimostrare dei ritardi nello sviluppo di queste capacità rispetto ai loro coetanei.  

LA PLASTICITÀ CEREBRALE 
La plasticità cerebrale è la capacità dei circuiti nervosi di modificare, in risposta ai vari stimoli, la propria struttura e funzione. Questo può accadere nel corso dell’intera vita. Capire come ciò accade e conoscere a fondo i meccanismi di funzionamento cerebrale degli individui non udenti è fondamentale proprio per la possibilità fornita dalle neuroprotesi più diffuse al mondo, gli impianti cocleari, di restituire loro l’udito. Ma è fondamentale anche per prevedere i miglioramenti cognitivi dopo l’impianto. 

PREVEDERE IL MIGLIORAMENTO DEL PARLATO 
Un buono sviluppo dell’udito e del linguaggio parlato dipendono sia dall’orecchio sia dal cervello, che deve imparare a processare stimoli sconosciuti. In caso di deprivazione sensoriale, come nei bambini nati non udenti, alcune aree cerebrali vengono influenzate dalla mancanza di segnali uditivi e possono essere reclutate per processare stimoli di natura diversa provenienti dal mondo esterno. E proprio questa diversa organizzazione cerebrale, che influenza l’apprendimento dei bambini dopo l’impianto, è stata registrata dagli autori dello studio.  

«Abbiamo utilizzato la risonanza magnetica per acquisire questi pattern anormali prima dell’intervento di impianto cocleare e abbiamo costruito un algoritmo di apprendimento automatico per predire lo sviluppo del linguaggio con un grado relativamente elevato di accuratezza, specificità e sensibilità», ha spiegato il professor Patrick C. M. Wong, scienziato cognitivo direttore del Brain and Mind Institute at The Chinese University of Hong Kong.  

«Anche se l’attuale algoritmo è costruito per i bambini con problemi di udito, è in corso una ricerca per prevedere lo sviluppo del linguaggio anche in altre popolazioni pediatriche. Dal momento che alla base di ogni facoltà umana c’è il cervello, il sistema che abbiamo applicato a bambini sordi potrebbe avere un uso più diffuso anche nel predire le capacità di bambini con un’ampia gamma di disabilità e migliorare così la loro vita». 
Nicla Panciera. Fonte: stampa.it

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