La pedagoga Patrizia Ceccarani è il direttore scientifico della Lega del Filo d'Oro «Siamo nati perché con questi ragazzi la frase tipo era non c'è nulla da fare». Come un marinaio che non riesce a restare molto sulla terra ferma dopo essere sbarcato, prima che l'urgenza di tornare in mare aperto prenda il sopravvento.
Ecco, in Patrizia Ceccarani, pedagoga e psicoterapeuta, direttore dell'Unità Speciale per Sordociechi e Pluriminorati Psicosensoriali e direttore scientifico della Lega del Filo d'Oro di Osimo, si avverte la stessa spinta a tornare, come dice, da loro. Loro, il suo mare aperto, sono gli ospiti della Lega del Filo d'oro: il suo approdo, l'ambiente naturale, il tema della sua vita, da cui si stacca poco e forse malvolentieri. La dottoressa Ceccarani ha incontrato la Lega da volontaria, quando era poco più di un'adolescente e raccoglieva con il sorriso convinto dei sedici anni, fondi casa per casa per garantire terapie mirate al primo gruppo di persone sordo-cieche per le quali la risposta allora era, spesso, «non c'è niente da fare».
La facoltà di Pedagogia.
«Ho scelto la facoltà di Pedagogia perché volevo lavorare con i bambini con minorazioni sensoriali e cognitive dopo aver conosciuto la Lega nel '70 come volontaria: in quell'anno ho capito quale era la mia strada. Poi sulla Lega ho fatto anche la tesi di laurea». Da quel giorno ai recenti riconoscimenti nazionali e internazionali come esperta di recupero e riabilitazione di questi soggetti, c'è un vita intera spesa con una passione quasi monografica, pervasiva, assoluta, che non è esagerato o scontato definire vocazione. «Lavorare con persone che non hanno problemi è bello, certo, ma la sfida, la scommessa con questi ragazzi e con le loro famiglie vale immensamente di più, è un cantiere di sogni, dal nome della compagnia teatrale interna alla Lega». Erano state proprio le famiglie a proporla al Quirinale quando è diventata Cavaliere della Repubblica. Passione di doppia valenza, scientifica ed emozionale: in questa donna minuta e riservata si mescolano l'entusiasmo della volontaria di allora e la competenza dell'esperta di oggi, in una struttura che anni di ricerca e sperimentazione hanno reso un punto di riferimento terapeutico indiscusso in Italia per questo tipo di severissime disabilità.
L'intervento terapeutico.
«Il nostro compito è ottenere un intervento terapeutico e riabilitativo cucito su misura sulla persona. Non è la persona che si deve adattare alla terapia, ma lo deve fare il programma riabilitativo e rieducativo. Rieducativo, sì, perché molti imparano da zero, tutto». Una vita letteralmente spesa per il sostegno di chi è nato o è diventato deprivato di uno o più sensi, di chi ha un corpo depotenziato. Bambini sordi, ciechi, con deficit cognitivi, ragazzi senza il controllo del capo, isolati. Come si affronta questo mondo buio e silente? Il corpo derubato di certe potenzialità, ne indica altre: «Il lavoro riabilitativo è volto a recuperare e ad amplificare gli altri sensi e a fare in modo che i pazienti non si richiudano in se stessi». Lei la chiama integrazione sensoriale, e spesso si traduce in piccoli miracoli: i ragazzi del centro si abituano a usare, ad esempio, il tatto, e riescono ad insegnare l'uso della cartapesta nelle scuole pubbliche ai bambini normali, che invece non sfruttano più il tatto e la manipolazione.
Integrazione e condivisione.
Nasce così un esempio di integrazione e di condivisione, che la Lega ha portato anche al carcere di Barcaglione per insegnare questa artigianalità terapeutica i detenuti.
«Siamo nati perché nessuno ci credeva, perché di fronte a questi ragazzi la frase tipo era non c'è nulla da fare. Piano piano abbiamo dimostrato che in verità esistono margini ampi di miglioramento. Tanto più grande è la disabilità, tanto più acceso è lo stupore che i miglioramenti producono».
CHI È.
IL PRIMO CONTATTO CON LA LEGA DEL FILO D'ORO COME VOLONTARIA.
Piccole conquiste che sembrano, e sono, imprese. Minuscoli gesti di autonomia dopo tanto sforzo. Stupori improvvisi, enormi. Peschi un ricordo simbolico: «Una signora che si è sentita chiamare mamma dalla figlia di 24 anni, per la prima volta dalla nascita».
Chiara e le chiavi nel cassetto.
Un ricordo che la riguarda? «Chiara sapeva che tenevo le chiavi della macchina in un cassetto. Chiara era una bambina sorda, vedeva poco e aveva una disabilità cognitiva. Un giorno è riuscita a venire nel mio ufficio da sola: mi ha fatto vedere le chiavi della macchina che aveva trovato e mi ha fatto il gesto di annusare un fiore. Mi stava chiedendo di andare fuori in un prato è stata una richiesta molto emozionante». E anche un risultato terapeutico, se è vero, come specifica la Ceccarani, che i primari obiettivi per questi soggetti sono appunto la comunicazione e l'autonomia. Soggetti diversi, in realtà, molto diversi: si pensi che alla Lega possono arrivare bambini nati molto prematuri, anziani di 70 anni, adulti che hanno subito deficit sensoriali a seguito di malattia o incidente.
Quella piccola città.
Il centro di Osimo, in attesa della nuova sede in costruzione, segue circa 300 persone tra gli interni e gli interventi domiciliari. La Lega continua a rispondere con quello stesso filo prezioso che nella scelta del nome doveva unire i cosiddetti normali ai sordo ciechi. Un filo d'acciaio, oggi: 600 dipendenti in Italia, centri in 8 regioni, 100 volontari e 250 professionisti solo in quella di Osimo, attività formativa su vari piani, una risposta ad altissima specializzazione: speciali altalene, gilè sensoriali, interventi terapeutici con particolari giochi costruiti per potenziare tatto e comunicazione.
Quanto conta il volto di Arbore?
Quanto ha contato la faccia famosa e sorridente di Renzo Arbore per una istituzione che ancora oggi si regge per il 65% su donazioni e raccolta fondi? «Arbore ci ha regalato credibilità, che è moneta preziosa, e lo ha fatto gratuitamente e con entusiasmo autentico. Oggi Neri Marcorè continua questo aiuto fondamentale per noi». Ma come è la sua vita fuori dalla Lega? Quando si toglie la tuta di super(wo)man cosa fa? La Ceccarani sorride. «Sono impegnata con il Soroptimist: credo molto nella capacità multitasking delle donne. E poi gioco con le mie nipoti, cucino per gli amici, quando posso viaggio. Però, lo ammetto: faccio fatica a staccarmi da loro». Ama la letteratura ambientata nei paesi scandinavi «Li ho visitati in occasione di un corso. Hanno un altro approccio alle persone in difficoltà». Cosa le ha portato alla fine questa lunga esperienza? Lo dice con semplicità: «Amo la mia vita. La Lega mi ha fatto amare la vita. E mi ha reso capace di cogliere sfumature degli altri che non avrei potuto sperimentare, se ad esempio avessi fatto l'insegnante o un altro lavoro».
Barbara Ulisse. Fonte: Corriere Adriatico
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