«Tutto ciò che posso sperare per il mio Federico è un miglioramento della qualità della vita». Questa è la storia di Chiara Barelli e della sua famiglia, tre figli e un marito, Christian. Una storia iniziata con un po’ di sfortuna e sviluppatasi all’interno del complicato apparato burocratico che ci circonda.
Tutto inizia nel 2011 con una complicazione prenatale che porta Chiara agli Spedali Civili di Brescia. Uno scompenso tra i due gemelli che porta in grembo costringe ad una nascita prematura.
Al settimo mese di gravidanza Federico e Stefano vengono al mondo. Purtroppo Federico porta con sé un grave danno neurologico , oltre che una sordità bilaterale totale. «Federico oggi - spiega Chiara - non regge il collo, non riesce a parlare, non cammina. Il danno cerebrale non gli permette di avere corrispondenza tra la sua volontà e la risposta motoria del corpo: come una macchina che pur girando il volante a destra svolta a sinistra». Difficile, vista la sordità, anche una valutazione cognitiva completa: «I test normali non vanno bene per lui ma con certezza sappiamo che ha consapevolezza del sé e dell'ambiente che lo circonda e risponde agli stimoli sociali che ogni giorno incontra». Non avere la capacità di sentire suoni o voci per anni (fino al momento in cui gli è stato operato per inserire l'impianto cocleare), ha reso Federico un ottimo osservatore: «Ha una passione per i volti e la mimica facciale. Ha le sue preferenze, è diffidente verso chi non conosce. Aspetti che lo accomunano agli altri bambini».
Ed è proprio l’immersione nella normalità che secondo Chiara può aiutare suo figlio e questo, inevitabilmente, non può che passare dalla scuola: «Conosco i limiti di Federico, so che cosa può arrivare a fare. Fino ad oggi all’asilo è andato tutto liscio grazie all’assistente ad personam».
Ciò che Chiara definisce «tutto liscio» è un lavoro costante di reinvenzione delle attività quotidiane, come i disegni o i giochi con il pallone, impossibili per Federico nelle versioni classiche ma riadattate ad hoc secondo le sue capacità. «Vorrei che questo fosse possibile anche nella scuola primaria, dove l’ho iscritto. Avevamo la possibilità di mandarlo ad un istituto per non udenti o di ritardare un anno l’iscrizione ma noi vogliamo che stia con i bambini della sua età e con il fratello gemello, vero e proprio punto di riferimento. Federico non studierà matematica o storia come i compagni ma voglio che faccia progressi nel campo della comunicazione: oggi noi lo capiamo, ma gli altri non sono in grado di farlo».
La grande speranza per Federico ha un nome: puntatore oculare. Uno strumento che permette di comunicare attraverso l’interazione visiva con uno schermo. Un software ed una telecamera analizzano il movimento della pupilla e lo traducono in segnale.
Le difficoltà sono due, almeno in Lombardia: i fondi per reperirne uno e l’utilizzo nel percorso scolastico.
La Regione concede in comodato d'uso il puntatore esclusivamente ai malati di Sla. Tutte le altre patologie - compresa quella che stiamo raccontando - sono escluse. Risultato? «Devi acquistarlo privatamente ed è molto costoso anche perché pressoché sconosciuto. La possibilità di avere un rimborso parziale dalla Regione Lombardia viene data attraverso la partecipazione ad un bando che stila una graduatoria e decide così a quali famiglie concedere i fondi preposti. All’estero o in Piemonte, ad esempio, è più ampio il margine d’aiuto. Qui da noi bisogna comprarlo senza avere la certezza che verrà rimborsato almeno in parte».
Altro problema è il suo utilizzo a scuola: «Da un anno frequentiamo un centro di foniatria a Padova dove sul tema c’è più esperienza. Lì sono venuta a conoscenza del puntatore oculare e del «ripetitore» , una figura professionale specializzata nell’aiutare chi, come Federico , ha una disabilità sensoriale». Con l’aiuto di un professionista che dedica 5-6 ore a settimana allo sviluppo delle capacità comunicative e con l’uso del puntatore il percorso di Federico sarebbe più facile. «In molte regioni la norma è più facile da comprendere. Oggi noi stiamo cercando di inserire la figura del ripetitore nella scuola primaria pubblica per ottimizzare l’esperienza del puntatore oculare, ma per ora abbiamo solo la certezza dell’assistenza ad personam e dell'insegnante di sostegno. Se qualcuno con esperienze analoghe volesse confrontarsi con noi potremmo coordinarci al meglio».
L’appello della famiglia di Chiara è l’appello di chi ogni giorno rema nel non sempre facile mare della burocrazia. Una distesa di leggi e regolamenti che, a volte, sembrerebbero dimenticare di trattare le vite delle persone.
«Non possiamo non intraprendere tutte le strade possibili per dare a Federico quanto sia meglio per la sua vita - conclude Chiara -. Si tratta di un percorso difficile, a volte non chiaro. Spesso ci si arrabbia o si rischia di lasciarsi abbattere ma noi andiamo avanti».
Fonte: gardaweek.it
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