«Il canto del gallo» è il titolo che Alberto Chiodini, "scrittore per diletto", ha dato al suo recente volume, uscito nel giugno 2016 dalla Tipografia Monteserra Vicopisano, per raccontare in 200 pagine, di cm. 14x21, le imprese sportive dell'unico pugile sordo che ha raggiunto il massimo titolo mondiale di pugilato, Mario D'Agata (1926-2009)
Del pugile Mario D'Agata ho ricordi indelebili della mia infanzia, ed avendolo poi conosciuto di persona all'Ente Nazionale Sordi di Firenze, ne era nata una simpatia reciproca.
Impossibile dimenticare ogni particolare di quel suo entusiasmante match del 29 giugno 1956, avevo 14 anni e dal 1952 ero sordo totale pure io,. L'incontro per il titolo mondiale dei pesi gallo lo avevo visto alla TV del bar sotto casa, "da Giannino", a Milano, quella sera gremito di tifosi e di curiosi, poiché era la prima volta che un pugile sordomuto si accingeva a un confronto per la conquista della corona mondiale di pugilato. Allora la TV era un lusso che pochi potevano permettersi, così gli eventi importanti trasmessi dalla Televisioni, erano visti generalmente in quei bar che avevano la TV, al tempo trasmetteva in bianco e nero e aveva un solo canale.
Del pugile sordo aretino, professionista dal 1950, a quel tempo sapevo ben poco, ma i giornali di quell'inizio d'estate 1956 l'avevano portato alla ribalta poiché contendeva al francese Robert Cohen il titolo mondiale dei "pesi gallo" (limite a 56 Kg di peso). L'unico italiano che fino allora aveva vinto un titolo di "campione del mondo", ma ben 23 anni prima, nel 1933, era stato il peso massimo Primo Carnera.
Nella prefazione al libro, la figlia di Mario, AnnaMaria, dichiara che, dopo la scomparsa di suo padre, avvenuta nel 2009, diverse persone le avevano chiesto di scrivere libri e biografie per ricordare il campione sportivo che era stato suo padre, ma solo la proposta pervenutale da amici di famiglia che avevano conosciuto suo padre, la simpatia che già nutriva per quelle persone, si è trasformata in empatia, fiducia e collaborazione, per cui si è lasciata convincere a ricordare degnamente suo padre, Mario D'Agata, «… un uomo straordinario, che ha saputo reagire alle avversità della vita, con forza, umiltà e tanta dignità …. La boxe gli ha dato tanto, gli ha fatto vivere momenti di gloria indimenticabili, ma più che altro non lo ha fatto sentire "secondo a nessuno"». Inoltre, AnnaMaria dichiara che quel "piccolo grande libro" ha pure il pregio di veder devoluti i proventi alla Lega del Filo d'Oro, cioè a favore dei sordo-ciechi.
Nel volume suddiviso in 20 capitoli per evidenziare le varie "tappe sportive" del pugile aretino che ha calcato i ring di tutto il mondo suscitando ovunque interesse, stupore ed entusiasmo: Nel 1950, quando D'Agata, da anni militava nella categoria dilettantistica, chiese l'autorizzazione per diventare professionista, e tale autorizzazione gli fu negata " … per il fatto che mai nessun sordo l'aveva prima richiesta, si ebbe la unanime protesta dei suoi concittadini, con un sollevamento popolare ad Arezzo, cui aderirono contro la Federazione Pugilistica Italiana pure diverse personalità politiche, tra le quali anche Amintore Fanfani, per cui l'autorizzazione fu concessa, .e D'Agata disputò, e vinse, il suo primo incontro da professionista. Egli si ritirò nel 1962. In totale il bilancio da professionista del pugile aretino è eccellente: 54 vittorie di cui 23 per ko, 3 pareggi e 11 sconfitte, tutte ai punti e di misura. Inoltre, ne libro è ricordato che D'Agata non ha mai subito un solo atterramento. Anche Beltrame (vedi foto), con una sua celebre copertina sulla "Domenica del Corriere", ha sancito la fama e la gloria del pugile sordo di Arezzo
Nel volume, «Il canto del Gallo», è narrata una storia completa e anche intricata, di Mario D'Agata: egli:fu pure colpito da una fucilata in pieno petto, quando si era esposto lui per difendere sua madre, si disse che la sua carriera pugilistica era finita, ma tre mesi dopo, nonostante il dolore al petto, egli era di nuovo sul ring e aveva vinto, e l'anno successivo conquistò il titolo mondiale.
La storia del pugile aretino, nel bel libro, si arricchisce di sentimentalismo quando conosce Luana, pure lei sorda, tenace e appassionata, che sposa il 10 dicembre 1955, e accompagna la storia del campione, una storia di sacrifici e rinunce, ma una storia bellissima, con la nascita di Annamaria e tanti altri fatti molto interessanti, che "Nel canto del Gallo" ritornano alla mia memoria come credo di tutti coloro che erano stati testimoni di quel fantastico giugno 1956, e fa riflettere sulla costanza e sullo Sport tutti coloro che vogliono sapere.
Unica nota stonata, anzi lacuna, in quel racconto puntiglioso, è la frase ripetuta troppe volte dall'autore del libro, cioè dare costantemente del "non udente", a Mario D'Agata (e pure a sua moglie), anziché limitarsi a dire che era "sordo", chiamato "mutino", come ricordo era indicato negli anni Cinquanta Mario D'Agata. Quel "non udente" è un termine inventato da ipocriti, per mascherare dietro un dito la sordità che Mario non ha mai cercato di nascondere, tutt'altro, poiché è sempre stato vicino e solidale con i suoi simili "sordomuti", quindi quel termine lo ritengo una anomalia che sicuramente il Mario non avrebbe apprezzato, come non l'apprezzo io, sordo (-muto) com'era lui.
Marco Luè
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