domenica 7 aprile 2013

Tennis. Duck Hee Lee, la voce del Silenzio

Classe 1998 - è il secondo giocatore più giovane ad entrare nella classifica Atp. Il tennista sudcoreano è sordo dalla nascita, ma la disabilità non gli ha impedito di perseguire la sua passione: "Il tennis è la mia vita"
Duck Hee Lee ha 14 anni, è nato il 29 maggio 1998 a Jechon City, in Corea del Sud, e occupa l’83esimo posto della classifica juniores. Una storia come tante? Uno dei tanti? Non esattamente. Duck è un giocatore unico, una preziosa anomalia.
Duck appartiene a quella categoria di persone che definiresti incredibili, o speciali, o più semplicemente degne d’ammirazione – che poi quando ti ritrovi davvero a parlarne, di uno così, ti sembrano tutte parole cariche di retorica, svuotate di qualsiasi significato.

Lui però incredibile lo è davvero, lui nuota controcorrente da una vita e non ha la minima intenzione di smettere, anzi. A Duck piace il tennis, da sempre. Gioca da quando ha sette anni, e non smetterebbe per nulla al mondo. “Il tennis è la mia vita”, dice. E c’è da credergli. “Mio padre è la mia ispirazione. Mi ha sempre dato un grande appoggio morale, per tutto, ed è sempre con me in tour. È grazie a lui se posso giocare.” No, non è affatto una storia come tante.

Duck è sordo dalla nascita, ma la disabilità non gli ha impedito di ritagliarsi uno spazio nella storia di questo sport. Al torneo di Tsukuba ha battuto Masatoshi Miyazaki per 6-1, 6-3, conquistando il suo primo punto Atp. Grazie a questo successo, da lunedì diventerà il secondo giocatore più giovane nella classifica Atp (dopo Stefan Kozlov).

Il suo allenatore, Park Kyung Heoon, lo segue dai primordi. Ha dovuto adattarsi in qualche modo, imparando a leggere le labbra e comunicando col linguaggio dei segni. “Non ha mai permesso che i suoi limiti influenzassero il suo gioco. Lavora duramente tutti i giorni perché vuole essere il migliore.”
Il deficit uditivo è uno scoglio importante da superare: non puoi sentire i giudici di linea, non puoi sentire il tuo avversario; non puoi sentire il rumore della pallina, come esce dal piatto corde. Duck può ‘sentire’ solo ed esclusivamente le vibrazioni della sua racchetta. “La cosa più difficile è la comunicazione con gli arbitri e i giudici di linea, il non poter sentire le loro indicazioni. Soprattutto quando chiamano la palla out e io invece continuo a giocare. È un po’ difficile, ma niente di clamoroso o impossibile.”
Niente doveva frapporsi tra lui e la sua passione, nemmeno la sordità. Così Duck ha trovato il modo di dominare la disabilità, trasformando la menomazione in un’arma; ci ha giocoforza convissuto e l’ha fatta propria, fino a trarne vantaggio: “Il mio deficit non mi preoccupa, anzi, mi aiuta a concentrarmi sul gioco, evitando le distrazioni. È persino comodo giocare così”, dice.

L’idolo di Duck è l’idolo di tanti, Roger Federer. Sei anni fa, mentre Roger si trovava a Seoul per un’esibizione, ha avuto modo di conoscerlo di persona: “È stato incredibile vederlo. Mi piacerebbe essere come lui un giorno, e giocare come lui”. L’anelito di tanti. Per ora Duck si gode il traguardo raggiunto, senza però porsi alcun limite: la top 10 juniores è un obiettivo reale, concreto. E magari tra un po’ lo diventerà anche il numero 1. Poi la classifica Atp, i Masters 1000 e i Major. Un passo alla volta, senza fretta, vittoria dopo vittoria. Idoli e ambizioni comuni; aspirazioni ordinarie di un ragazzo non ordinario.

Mirko Gioia. Fonte: Tennis.it
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