domenica 24 marzo 2013

Ricordando la storica manifestazione del 2011 per riconoscimento la Lingua dei Segni Italiana

Sordità: in piazza Montecitorio per il diritto di esprimersi.
Da tre giorni  (24 maggio 2011, n.d.r.) decine di cittadini "sordi" protestano davanti la Camera dei deputati per chiedere la legge per il riconoscimento ufficiale della Lis, la lingua dei segni.
 Solo così sarà possibile avere un interprete nelle scuole, negli ospedali e nei tribunaliIn piazza, per una legge che riconosca la loro lingua naturale e il loro diritto a esprimeri e a essere compresi, senza barriere. Una battaglia cruciale per i sordi, che ieri erano in centinaia a Roma, davanti a Montecitorio, per invocare l’approvazione del ddl sul riconoscimento della Lingua dei segni come lingua a tutti gli effetti da parte dello Stato.
Il secondo di tre giorni di mobilitazione, organizzati dal gruppo “Lis subito”, per “smuovere” un testo già approvato in Senato, ma ora incagliatosi presso la commissione Affari Sociali della Camera. Eppure quella legge è fondamentale per i sordi, anche per motivi pratici. Approvarla sarebbe un passo decisivo per avere finalmente interpreti della Lis, pagati dallo Stato, a disposizione di ospedali e altre strutture pubbliche, come avviene in tanti altri paesi. In Italia, se un sordo vuole parlare con un medico deve forzatamente ricorrere a un amico o parente, oppure pagarsi un traduttore. Solo un esempio dei centinaia di ostacoli per chi non ha la fortuna di sentire suoni e voci.



Valentina Foa e Rossella Ottorini, rappresentanti di Lis Subito, parlano attraverso Marina Paradisi, la loro interprete: “La commissione della Camera vuole apportare delle modifiche al ddl: in pratica, vogliono ribadire che noi sordi siamo una minoranza linguistica. Ma la Costituzione collega necessariamente le minoranze linguistiche a specifici territori, mentre noi viviamo in tutta Italia”. Soprattutto, c’è un problema di fondo: “I parlamentari non sanno cos’è la Lis, non ne capiscono il peso. Non sanno che è una lingua che ha una sua grammatica e le sue regole, per di più in continua evoluzione. Forse per loro le lingue sono solo quelle vocali, mentre questa è visiva”. Un’incapacità di capire che, secondo Valentina e Rossella, “non è collegata alla destra o alla sinistra”. La difficoltà nel comprendere l’altro da sé e le sue esigenze non ha colori politici chiari. “Secondo me questi parlamentari un sordo non l’hanno mai visto, almeno da vicino” riflette una signora. Una delle tante persone che hanno accompagnato i sordi in piazza, anche nella speranza di un incontro con i deputati “che non capiscono.

Kizzie Bridges, americana, ha un marito e un figlio di tre anni: entrambi sordi, proprio come i suoi genitori. Racconta: “Mio figlio va alla scuola materna e ha l’interprete solo 17 ore a settimana. Mio marito invece fa l’architetto, e nelle riunioni di lavoro rimane tagliato fuori. Lo Stato deve riconoscere i diritti dei sordi, come avviene nelle altre nazioni. Non tutti possono pagare un interprete”. Il ponte “verso la società dei tanti” come ricorda Marina, che spiega: “Per dare voce ai sordi non basta imparare la loro lingua. Bisogna penetrare nella loro cultura, comprendere le loro abitudini. Per un sordo la sveglia mattutina può essere il sole che entra da una serranda semichiusa”. E che ti pizzica gli occhi, senza fare rumore.
Luca De Carolis Da Il Fatto Quotidiano del 27 maggio 2011

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