giovedì 21 marzo 2013

Le battute non piacevoli sul termine della disabilità

Adesso che perfino Marco Travaglio si è lasciato andare ad una pessima battuta nel suo blog su Il fatto quotidiano, prontamente ripresa da Giulio Sensi qui ne “l’involontario”, mi permetto di proporre una vera e propria moratoria sugli insulti verbali, che siano in televisione, o sul web, o di carta, o peggio, di persona.
Non è ammissibile che un giornalista che sa di essere letto e seguito da un esercito di fans (o di detrattori) si permetta di scrivere: “Più leggo certi commenti sulla mia pagina Facebook e sul mio blog, più mi viene voglia di chiuderli e di dare ragione a chi paragona i social network alle pareti dei cessi pubblici. C’è chi viene qui solo per insultare (cari cerebrolesi, nessuno vi obbliga a leggermi)”. No, non ci siamo proprio. E’ il segnale che si sta superando il livello di guardia.

Pochi giorni fa mi hanno segnalato un’uscita televisiva analoga da parte di Daniela Santanché (“Non siamo portatori di handicap…”), e poi, a ritroso, Mario Monti con i “minorati”, lo sfortunato competitor Gabriele Albertini (“Non voglio competere con un disabile” riferito all’influenza di Maroni), e potrei continuare, con un minimo di ricerca sul web, un florilegio di stupidaggini connesse sempre al tema del deficit fisico, sensoriale o intellettivo. Basta, per favore, mettiamoci un freno. Cominciamo seriamente a stigmatizzare questa becera involuzione del linguaggio pubblico, che ha trasformato il dibattito politico in una rissa permanente, della quale fanno le spese gli innocenti, i più deboli fra i deboli.

Tutto è cominciato con le battute su Brunetta, e poi lo “psiconano” Berlusconi nella vulgata, guarda un po’, di Beppe Grillo. Un florilegio di battute sui sordi, sui ciechi, sui nani, sugli zoppi, sui “mongoloidi”, sui Down (quando si è più evoluti…) come se l’unico modo per insultare il prossimo sia quello di fare riferimento al suo stato fisico o mentale. Mi dicono che è molto in voga dare del “falso invalido” a un compagno di scuola che magari non sta bene o comunque cerca di evitare l’interrogazione rischiosa. Si potrebbe ridere delle piccole battute, ma sono purtroppo il segno di una insensibilità diffusa, di un costume che si è talmente ramificato da investire ormai quasi ogni ambito di conversazione, favorita dal cinismo, da un malinteso senso del “politicamente scorretto”, dalla volgarità, dall’ignoranza.

Chiedo sinceramente a tutti di non lasciar correre questo andazzo senza intervenire, senza opporre, educatamente, uno stop alla handicaplalia (la coprolalia è una sindrome ben nota, del resto). Un’idea interessante sarebbe una multa, molto salata, specie per chi fa politica o per i giornalisti. Con il ricavato, visti i tempi, forse riusciremmo persino a rifinanziare il fondo per la non autosufficienza. Hai visto mai…

Franco Bomprezzi. Fonte vita.it


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