martedì 17 luglio 2018

Cai Glover: il Billy Elliot del Canada

"La saggezza è saper stare con la differenza senza voler eliminare la differenza." Gregory Bateson

Cai Glover è originario della Columbia britannica e ha iniziato la sua carriera all’età di diciotto anni. È diventato sordo a otto anni dopo aver contratto la meningite. L’anno seguente è stato impiantato riuscendo così a recuperare un po’ di udito. L’impianto cocleare trasforma i suoni in segnali elettrici inviati direttamente al nervo acustico.
Oggi, grazie a questo dispositivo, può rilasciare un’intervista senza che ci si accorga della sua sordità. A dieci anni comincia a prendere lezioni di jazz prima di dedicarsi, di nascosto, al balletto classico. Una passione che, in una piccola cittadina come la sua, poteva dare adito a inutili chiacchiere. Ben presto capì che stare in scena gli avrebbe consentito di ottenere tutta l’attenzione di cui aveva bisogno. A sedici anni ha interpretato un assolo sulle note di Man in the mirror di Michael Jackson, tre minuti in cui ha realizzato di avere tutti gli occhi puntati addosso. “All’epoca mi sentivo spesso invisibile. Me ne stavo sempre in disparte perché non potevo seguire le conversazioni, soprattutto quelle di gruppo. Eppure la danza mi ha regalato una grande gioia: mi ha fatto provare quella sensazione di essere compreso da tutti”, confida Cai Glover. Nel 2012 decide di prendere parte alle audizioni per la compagnia Cas Public di Montréal e viene immediatamente notato dalla direttrice artistica Hélène Blackburn. Quando balla Cai si allontana dalla realtà verso una dimensione parallela. Nel ballo traduce le immagini in ritmi che coincidono con la musica. Purtroppo l’impianto non funziona sempre come dovrebbe e dopo quattro anni nella compagnia professionale Cas Public si ritrova a dover ballare nel silenzio. 

Grazie alla Fondazione dei sordi del Québec, Cai Glover ha ricevuto un nuovo impianto cocleare che gli permette di non perdere neanche una nota. Tuttavia la coreografa e direttrice artistica della compagnia, Hélène Blackburn, gli ha confidato che preferisce vederlo danzare senza l'impianto cocleare perché quando non sente la musica non ha nulla da perdere; anzi è più presente, attiva tutti gli altri sensi, si lascia andare e sprigiona una libertà senza eguali. “I suoi pliés e i suoi tendus erano così perfetti! È un danzatore fuori dal comune”, esclama la coreografa pescando tra i ricordi del suo primissimo incontro con Cai Glover. “Era gennaio, lui indossava un berretto. Non appena alla sbarra l’ha tolto ed è soltanto in quel frangente che ho notato il suo apparecchio. Non ho esitato un secondo a prenderlo nella mia compagnia. Cai era risoluto a far passare inosservata la sua sordità, era refrattario a ogni trattamento di favore rispetto ai colleghi e rifiutava che gli venissero fornite tutte quelle informazioni di sorta che magari non poteva sentire nel corso delle prove di gruppo. Nella vita ha cercato in tutti i modi di nascondere il suo disagio e di vivere come una persona udente. All’inizio era dura anche solo pensare di affrontare l’argomento. Ci sono state delle tensioni e così gli ho chiesto quale significato attribuisse lui alla parola “normale”. Io gli spiegai che non voleva dire assolutamente niente perché siamo tutti diversi”, afferma Hélène.


La coreografa è convinta che la diversità di Cai sia la sua più grande forza. C’è una tale sintonia tra i due che lei riesce a captare in una frazione di secondo se l’impianto di Cai funziona o meno. Da qualche anno Cai ha accettato la sua sordità e ne parla più apertamente.

“Hélène amava il fatto che Beethoven avesse composto la Sinfonia n. 9 dopo aver perso egli stesso l’udito. Ed è per questo che in occasione di una coreografia ha voluto fortemente che io ballassi senza apparecchio. Ho dovuto lavorare molto su me stesso per diventare un artista più interessante”, afferma Cai. Ha saputo sviluppare una tecnica che gli consente di essere in simbiosi con gli altri danzatori. “Immagino di vedere le note. Individuo gli accenti nei movimenti che eseguo e creo il ritmo nella mia testa”, precisa l’artista. Il messaggio che vuole trasmettere ai giovani è quello di imparare ad accettarsi. La diversità non è un freno bensì un monito a inseguire i propri sogni. Cai si è esibito con compagnie di Vancouver, Atlanta, Kelowna a Montréal. Ha lavorato con coreografi come Henry Daniel, Paras Tarezakis, Josh Beamish, Judith Garay, Vanessa Goodman, Simone Orlando, Lauri Stallings, Gioconda Barbuto e molti altri. Oggi continua la sua esplorazione del movimento nell’intento di tracciare nuovi sentieri nel mondo delle arti sceniche.
Michele Peretti. Fonte: viverefermo.it

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