lunedì 25 agosto 2014

Per lo Stato italiano i sordi sono un peso: con la professionalità dei docenti diventino una risorsa

Nella vita ho sempre dovuto dimostrare di saper fare quanto i cosiddetti normali, o meglio! Come me parecchi altri sordi. Perché questo tenace impegno? Probabilmente per le carenze degli insegnanti (del MIUR) di saper insegnare con metodologie appropriate o di avanguardia la popolazione scolastica Silente.

La verità è che dall’accettazione dei sordi, dal 1977 in poi, nella scuola comune dobbiamo affermare, con amarezza, che l’inclusione non è avvenuta (forse solo nella scuola dell’Infanzia) perché giammai il ministro/a dell’istruzione si è seriamente impegnato/a per far sì che i docenti raggiungessero la competenza didattica e linguistica per fornire «il pasto culturale» (cfr R. Pigliacampo, Parole nel movimento. Psicolinguistica del sordo, Armando, Roma 2009) nei processi apprenditivi agli alunni e studenti sordi.

È in questa inaudita assenza del MIUR verso il sordo o l’ipoacusico (o chiamatelo come vi pare) a frenare ogni progresso culturale e professionale dei sordi.

Le grandi associazioni nazionali, alle quali lo Stato ha delegato dei compiti (cfr legge 30 ottobre 2013, n. 125) hanno operatori perlopiù non professionali per focalizzare tematiche e problematiche dell’istruzione; ecco allora che – invece di formare ottimi docenti specializzati – si decide di passare la patata bollente agli Enti Locali, che forniscono un cosiddetto «assistente tuttofare», che sarebbe, secondo i casi, di comunicazione o per altre emergenze, anche igieniche.

Tutto ciò induce a dubitare che lo Stato italiano non «sopporta» i disabili, in primis i sordi.
Renato Pigliacampo
 
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"Storia dei Sordi. Di Tutto e di Tutti circa il mondo della Sordità", ideato, fondato e diretto da Franco Zatini