mercoledì 22 maggio 2013

Il cortometraggio "Matilde"

«Matilde», il film per abbattere le barriere della comunicazione. I disagi di chi non sente in un cortometraggio premiato in tre festival del cinema
Punta i riflettori su una disabilità "invisibile", la sordità, che costringe chi non sente a combattere ogni giorno contro le barriere della comunicazione. Il cortometraggio «Matilde», già premiato come miglior corto italiano al Rome Indipendent Film Festival e al Festival del Cinema europeo di Lecce, ha vinto di recente anche al Toronto International Film Festival nella sezione "Bambini". Secondo la giuria «ci invita a condividere il viaggio della bella Matilde, mentre ci fornisce un’esperienza che gioca con tutti i nostri sensi».
 Il corto del regista pugliese Vito Palmieri è stato prodotto da un’associazione di genitori con figli audiolesi, l’Agfa-Fiadda di Bologna.

LA TRAMA
- Matilde è il vero nome della protagonista, sorda come gli altri "attori" improvvisati che recitano. Racconta la storia di una bambina che sui banchi di scuola vive un disagio: i rumori delle sedie e i baffi del suo professore le impediscono di seguire le lezioni. Grazie alla sua determinazione, Matilde riesce a trovare delle soluzioni: mostra il suo apparecchio acustico al maestro e gli chiede di tagliarsi i baffi e, inoltre, porta a scuola le palline da tennis da mettere sotto le gambe delle sedie per attutire i rumori. Un messaggio semplice per ribadire che, a volte, bastano anche semplici espedienti per superare qualche ostacolo.

LEGGERE IL LABIALE - «Spesso non ci si rende conto che una persona sorda fa fatica a sentire - sottolinea Carlos, il papà di Matilde -. Sia per i bambini segnanti sia per quelli che parlano è importante poter leggere il labiale ma anche un ambiente favorevole con rumori ridotti al minimo, in modo che ci sia il miglior audio possibile. Nella scuola di mia figlia, che ora frequenta la quinta elementare - continua Carlos - fin dalla prima classe hanno utilizzato l’espediente delle palline sotto le sedie: un’idea poi ripresa nel cortometraggio».

OSTACOLI DA SUPERARE
- «Volevamo parlare in modo incisivo di una disabilità, spesso dimenticata, con un prodotto "visibile" - spiega Luisa Mazzeo, presidente di Agfa-Fiadda di Bologna -. Ma volevamo anche raccontare la forza di volontà che occorre a una persona sorda per comunicare con gli altri e, allo stesso tempo, lanciare un messaggio: tutti possono vivere una vita normale se messi nelle giuste condizioni». Sordità non significa necessariamente esclusione dal mondo dei suoni e della parola. «Pensiamo che imparare la lingua orale permetta al bambino audioleso di integrarsi nella società, ma occorrono accorgimenti per aiutarlo a sentire e a comunicare - sottolinea la presidente dell’associazione di genitori con figli audiolesi -. Il percorso, lungo e non facile, può rendere più autonomi integrando anche la lettura labiale e l’utilizzo della protesi acustica».

SOTTOTITOLI - Ma, per promuovere una cultura di inclusione nella società dei non udenti, serve diffondere anche la sottotitolatura. E il cortometraggio è distribuito con i sottotitoli in italiano o nella lingua del Paese in cui viene proiettato. «Il successo che sta avendo nei diversi festival è per noi inaspettato, ora puntiamo a diffonderlo anche nelle scuole - dice il papà di Matilde -. Il regista ha utilizzato un approccio quasi poetico ai suoni. In una scena anche gli spettatori udenti sono obbligati a leggere il labiale perché non sentono le battute dei personaggi. Un modo per sottolineare che se ci si immedesima in chi vive un disagio lo si può comprendere meglio».
Maria Giovanna Faiella - Fonte: Corriere della Sera
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