giovedì 28 novembre 2013

Perché scrivo «SILENZIO» con la lettera maiuscola

Nei miei testi scientifici ho utilizzato poco il termine «sordità», ma  molto la parola «silenzio», spesso scritta, o quasi sempre, con la lettera maiuscola. Il fatto è che io sono approdato al Silenzio quando avevo sperimentato l’ascolto, vissuto in quella full immersion decantata dagli psicologi e dai pedagogisti fondanti le proprie teorie sull’importanza dei processi sensoriali afferenti alle principali aree visive e  acustiche.


Questo accostarsi a tale teoria, per certuni vuol dire sposare il sensismo condillachiano, dandogli importanza nell’’accesso delle  conoscenze, tanto da influenzare Itard che insisteva di educare Victor  (v. Il ragazzo selvaggio dell’Aveyron) esclusivamente con la lingua verbale, nell’Istituto Nazionale per  Sordomuti di Parigi, dove svolgeva le sue ricerche,  consigliando dapprima Padre de l’Epée e poi Sicard.

Il sensismo d’oggi è parecchio psittacistico, considerando che – il  docente -  non essendo capace, in nessuna lingua né dei segni né verbale, per  sviluppare l’interrelazione col suo alunno, finisce per condizionarlo con  un nozionismo stereotipato di parole e frasi, col supporto (talvolta) dei media.

Il mio Silenzio resta per quel che è: un Silenzio che parla. Forse riesco a mostrarlo meglio in poesia e/o in prosa. Come dicevano alcuni poeti e scrittori che, in gioventù, lessero i miei testi: Diego Valeri e Cesare Zavattini, per citare il più noti. Oggi, questo Silenzio, è divenuto realtà di ricerca e approfondimento, sospingendomi a rendermi conto quanto sia lunga e complessa la conoscenza dello stesso Silenzio che avverrà anche nell’apporto degli studi sui media confermando, in questo caso, le ragioni di Marshall McLuhan che scriveva «i modi attuali con cui è divulgata la scienza incoraggiano le persone a evitare molte sgradevoli verità, per poi doverle affrontare all’improvviso nella vita pratica.» (cit. da Marco Pigliacampo, in Marshall McLuhan. Aforismi e profezie, Armando, Roma  2011).

La ricerca di McLuhan consente una verifica di fondo su che cosa percepiamo considerando che, un’alta percentuale  di persone, non distingue la mera sensazione dalla percezione. Ecco la differenziazione (e l’intuizione del poeta Diego Valeri e dell’eclettico Cesare Zavattini) sulla fondatezza del Silenzio come «ascolto», da me sperimentato nei processi visuomanuali, anche dopo l’esperienza dell’I.C. nel revival quella forma d’udire vedendo.

Ecco che il Silenzio dei sordi apre orizzonti vasti: va studiato intrinsecamente per quel che è o potrà dare! Troppe persone hanno gironzato attorno ai sordi generando caotici pregiudizi, smerciando confuse ricerche scientifiche senza supporti comparativi di sociolinguistica e psicolinguistica  visuomanuale. Le nuove ricerche ci permettono di notare l’imago delle aree mentali favorendoci la conoscenza reale del Silenzio. Per questo io lo  scrivo in maiuscolo.
Renato Pigliacampo dal volume Parole nel movimento. Psicolinguistica del sordo, Armando editore, Roma 2011

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"Storia dei Sordi. Di Tutto e di Tutti circa il mondo della Sordità", ideato, fondato e diretto da Franco Zatini