Focus di Roberto Filipo (foto), direttore del dipartimento organi di senso e docente di otorinolaringoiatria all'Università Sapienza di Roma
La sordità e l'ipoacusia congenita colpiscono complessivamente uno-due bambini su mille nascite, mentre quelle acquisite nei primi tre-quattro anni di vita sono in media tre su mille nati. Le ipoacusie possono distinguersi per il grado, da lievi a profonde, e per il tipo: trasmissive, se è alterato il trasferimento meccanico del suono; neurosensoriali, quando il deficit riguarda l'organo sensoriale o le vie nervose. Le soluzioni più idonee si ricevono negli ospedali che dispongono di un servizio di audiologia infantile.
SORDITÀ CONGENITALe forme ereditarie di sordità infantile sono circa il 50% di quelle presenti fin dalla nascita, ma la matrice genetica è ancora oscura. Ci sono anche sordità provocate in fase prenatale da un gruppo di agenti infettivi, conosciuto come complesso Torch (toxoplasmosi, rosolia, citomegalovirus, herpes virus), contratti dalla madre durante la gravidanza. Durante il parto, anche una diminuzione della quantità di ossigeno può provocare sordità.
• Lo screening alla nascita. Purtroppo, in Italia, l'esame post natale per valutare l'udito del neonato già nelle prime ore di vita non è obbligatorio in tutte le regioni (alcune non lo eseguono, altre non coprono tutte le nascite) e lo esegue di routine solo la metà degli ospedali italiani. Invece la diagnosi precoce di un'eventuale sordità congenita consente di intervenire in maniera tempestiva con apposite protesi acustiche, quando il cervello è ancora ricettivo per imparare il linguaggio. Nei centri in cui la valutazione non rientra tra gli esami ai neonati, lo screening viene fatto solo su gruppi di neonati con fattori di rischio, per esempio i prematuri (leggi: gli ospedali al top per i prematuri) e i nati da madri che hanno avuto la rosolia in gravidanza. Il test a otoemissioni, così si chiama, è rapido, totalmente innocuo e indolore e dà un risultato immediato. Sfrutta le emissioni otoacustiche, appunto, ossia i suoni generati dalla coclea in risposta a stimoli sonori: di solito si misurano con un apparecchietto che viene inserito nel condotto uditivo esterno e che somiglia a un termometro, dotato di un piccolo microfono in grado di inviare un segnale impercettibile e registrare la risposta dell'orecchio.
• Gli accertamenti nel neonato. Se non viene rilevata una buona funzionalità dell'apparato uditivo, il bambino è subito sottoposto a un test audiometrico comportamentale per verificare il grado di sordità e nuovamente al test a otoemissioni, entro tre mesi. Il test audiometrico comportamentale è basato sull'interattività che il bimbo manifesta con gli oggetti che lo circondano: si valuta se gli stimoli sonori, prodotti mediante un apposito apparecchio audiometrico, che è in grado di provocare una serie di movimenti o riflessi muscolari e neurovegetativi come il pianto o il risveglio. Oltre al test audiometrico comportamentale, i test audiologici infantili si basano sulle risposte uditive elettriche che vengono rilevate anche senza la collaborazione del bambino. Si tratta, per esempio, dell'esame Abr (same audiometrico a potenziali evocati), che utilizza degli elettrodi per misurare l'attività elettrica delle vie uditive.
• Lo screening alla nascita. Purtroppo, in Italia, l'esame post natale per valutare l'udito del neonato già nelle prime ore di vita non è obbligatorio in tutte le regioni (alcune non lo eseguono, altre non coprono tutte le nascite) e lo esegue di routine solo la metà degli ospedali italiani. Invece la diagnosi precoce di un'eventuale sordità congenita consente di intervenire in maniera tempestiva con apposite protesi acustiche, quando il cervello è ancora ricettivo per imparare il linguaggio. Nei centri in cui la valutazione non rientra tra gli esami ai neonati, lo screening viene fatto solo su gruppi di neonati con fattori di rischio, per esempio i prematuri (leggi: gli ospedali al top per i prematuri) e i nati da madri che hanno avuto la rosolia in gravidanza. Il test a otoemissioni, così si chiama, è rapido, totalmente innocuo e indolore e dà un risultato immediato. Sfrutta le emissioni otoacustiche, appunto, ossia i suoni generati dalla coclea in risposta a stimoli sonori: di solito si misurano con un apparecchietto che viene inserito nel condotto uditivo esterno e che somiglia a un termometro, dotato di un piccolo microfono in grado di inviare un segnale impercettibile e registrare la risposta dell'orecchio.
• Gli accertamenti nel neonato. Se non viene rilevata una buona funzionalità dell'apparato uditivo, il bambino è subito sottoposto a un test audiometrico comportamentale per verificare il grado di sordità e nuovamente al test a otoemissioni, entro tre mesi. Il test audiometrico comportamentale è basato sull'interattività che il bimbo manifesta con gli oggetti che lo circondano: si valuta se gli stimoli sonori, prodotti mediante un apposito apparecchio audiometrico, che è in grado di provocare una serie di movimenti o riflessi muscolari e neurovegetativi come il pianto o il risveglio. Oltre al test audiometrico comportamentale, i test audiologici infantili si basano sulle risposte uditive elettriche che vengono rilevate anche senza la collaborazione del bambino. Si tratta, per esempio, dell'esame Abr (same audiometrico a potenziali evocati), che utilizza degli elettrodi per misurare l'attività elettrica delle vie uditive.
SORDITÀ ACQUISITADopo la nascita, le cause infettive che possono portare sordità sono essenzialmente la parotite, il morbillo, la meningite. Possono esserci tra le cause anche effetti collaterali di farmaci. In questi casi, l'équipe medica che cura la patologia principale, affiancata da un audiologo, valuta il tipo di danno che la malattia ha portato all'apparato auricolare, attraverso i test audiometrici a otoemissioni, comportamentale o Boel.
Roberto Filipo, direttore del dipartimento organi di senso e docente di otorinolaringoiatria all'Università Sapienza di Roma
Fonte: OK Salute e benessere
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