Gli insegnanti specializzati, gli operatori dei bambini e scolari sordi forse non considerano, come sarebbe necessario, la «produzione» della lingua dei segni (LIS). Per troppi motivi religiosi-sociali-didattici la parola è divenuta Parola, con la p maiuscola. Gli studi recenti (E. Pizzuto, 2000; R. Pigliacampo, 2202 e altri studiosi) hanno dimostrato che la LIS è la lingua principale attraverso la quale il bambino sordo s’appropria dei processi di apprendimento.
Perché l’attività didattica sia utile nei processi d’apprendimento è necessario che il docente specializzato (proprio perché è – o dovrebbe essere – specializzato) sia in grado di “insegnare utilizzando la LIS” in modo intelligente/intelligibile. La scelta della LIS (come lingua) per spiegare gli argomenti induce l’insegnante a ideare una didattica appropriata. Un esempio esplicativo è questo: per insegnare il teorema di Pitagora dovrò elaborare accorgimenti visivi, sviluppando una metodica che gli permetta di comprendere che l’ipotenusa è = alla somma dei quadrati costruiti sui cateti. Comprenderà tanto meglio quanto più lavorerò a fianco a lui con esempi: il fare lo “illumina” perché è visivo; il parlare (o la spiegazione verbale) lo confonde perché non è un modus operandi.
Secondo la classica definizione di Dewey: non esiste apprendimento senza comunicazione. Credo sia una domanda che, ogni insegnante, dovrebbe porsi. So comunicare col bambino sordo? Quello che pretendo d’insegnare allo scolaro è stato sviluppato secondo i bisogni percettivi visivi attraverso la LIS? Attenzione io parlo di LIS assodando che sia conosciuta dall’alunno. Perché se non lo è siamo in una situazione (quasi) drammatica. Intuisco le risposte di qualche insegnante: la LIS non serve, il mio alunno “capisce tutto quando gli parlo”, oppure “il mio scolaro utilizza la protesi” e via di questo passo. No, non ci siamo su questo ragionamento. Qui entrano ‘in gioco’ i processi psicocognitivi e di memorizzazione (cfr. R. Pigliacampo, 2004).
Abbiamo notato ciò che succede nel nostro cervello quando ha a che fare con una parola. L’affascinante ricerca dei processi d’apprendimento ci conferma (F. Fabbro, 1996) che il lavoro cervello→mente nel piccolo sordo è diverso. Gli emisferi cerebrali si adattano. La loro flessibilità è dovuta alla peculiarità percettiva. E’ stato notato, sempre grazie all’indagine tomagrafica, che l’area deputata alla motricità agisce sulla “produzione” del segno visuomanuale. A questo punto le mie riflessioni si spostano sulla domanda, alla quale dobbiamo - con onestà - dare una risposta: è possibile svolgere attività didattica, per la popolazione scolastica sorda, se prima non conosciamo la realtà dei processi percettivi propri dell’alunno sordo? Ecco qui la difficoltà d’insegnare ai sordi! Perché ci obbliga ad entrare nel labirinto affascinante della mente per rispondere alle domande che ci siamo posti.
La prima domanda che i docenti specializzati dovrebbero porsi è:
▬▬►IDENTITA’ CULTURALE ED IDENTIFICAZIONE NELL’ALTRO
Purtroppo oggi il sordo è «inserito» nella scuola comune, ma non «integrato»: e non lo è perché non solo non ha la lingua vocale, la capacità di manipolare i codici verbali, ma perché con gli stessi non è capace di conoscere le modalità di identificazione linguistica. Noi siamo capiti, nei nostri scambi relazionali, soprattutto perché ci posizioniamo semanticamente sull’interlocutore. Il piccolo sordo, anche se ha una competenza linguistica semantica non l’ha talvolta a livello sociologico, etnografico. E’ lo scambio, non solo di segni sonoroverbali che abbiamo con le persone, ma l’utilizzazione emozionale e intellettiva eccetera che con gli stessi facciamo ad iniziare dalla convivenza domestica. L’identificazione semantica nell’altro è fondamentale per costruire un rapporto relazionale che non sia solo “buongiorno o buonasera; un bravo o somaro”.
Pertanto:
▬▬►favorire la classe e l’ambiente scolastico in cui è inserito il sordo perché possa identificarsi nella lingua dei segni attraverso l’esposizione alla stessa (full immersion) costruendo un percorso programmatico appropriato nel POF.
Vi ricordo che la legge n. 517/1977 non è stata abrogata. E’ valida a tutti gli affetti. Spetta ai genitori verificare se la scuola che s’appresta a frequentare il figlio offre un POF all’altezza. Se riscontreranno manchevolezze, di strutture e di personale insegnante secondo i reali bisogni, potranno optare per le scuole o classi specializzate. La verifica dei contenuti del POF investe TUTTI gli operatori della scuola e i servizi territoriali di riabilitazione.
CON LA LINGUA DEI SEGNI E’ APPRESA MEGLIO ANCHE LA LINGUA PARLATA E SCRITTA
Pertanto:
▬▬►favorire la classe e l’ambiente scolastico in cui è inserito il sordo perché possa identificarsi nella lingua dei segni attraverso l’esposizione alla stessa (full immersion) costruendo un percorso programmatico appropriato nel POF.
Vi ricordo che la legge n. 517/1977 non è stata abrogata. E’ valida a tutti gli affetti. Spetta ai genitori verificare se la scuola che s’appresta a frequentare il figlio offre un POF all’altezza. Se riscontreranno manchevolezze, di strutture e di personale insegnante secondo i reali bisogni, potranno optare per le scuole o classi specializzate. La verifica dei contenuti del POF investe TUTTI gli operatori della scuola e i servizi territoriali di riabilitazione.
CON LA LINGUA DEI SEGNI E’ APPRESA MEGLIO ANCHE LA LINGUA PARLATA E SCRITTA
Alcune associazioni dei genitori dei sordi che trovano difficoltà ad accettare la sordità dei propri figli e dei docenti che non hanno voglia di studiare ancora e fare ricerca rovesciano tutto sul bambino sordo imponendogli il coattismo linguistico verbale. Studiosi ci ricordano (D. Bouvet e Borel-Masonny, fondatrice della logopedia francese, tr. it.1986) che
«L’apprendimento della lingua dei segni è la base fondamentale dell’appropriazione, da parte del bambino sordo, della parola vocale, il cui accesso non gli è naturale e della quale può comprendere l’uso solo se maneggia una lingua che apprende totalmente.»Ancora: «La lingua dei segni è l’unica a permettere al bambino sordo di appropriarsi di tutte le caratteristiche della parola parlata… »Crediamo d’avere sufficienti risposte scientifiche per dichiarare la validità della lingua dei segni - non solo come LINGUA propria del bambino sordo - ma anche come lingua principale per veicolare i contenuti “spiegati” dall’insegnante durante l’attività didattica.
Alcune proposte operative:
«L’apprendimento della lingua dei segni è la base fondamentale dell’appropriazione, da parte del bambino sordo, della parola vocale, il cui accesso non gli è naturale e della quale può comprendere l’uso solo se maneggia una lingua che apprende totalmente.»Ancora: «La lingua dei segni è l’unica a permettere al bambino sordo di appropriarsi di tutte le caratteristiche della parola parlata… »Crediamo d’avere sufficienti risposte scientifiche per dichiarare la validità della lingua dei segni - non solo come LINGUA propria del bambino sordo - ma anche come lingua principale per veicolare i contenuti “spiegati” dall’insegnante durante l’attività didattica.
Alcune proposte operative:
▬▬►INSEGNARE LA GRAMMATICA DELLA LIS (agli scolari sordi a partire dagli elementi più semplici alle più complesse strutturali grammaticali come avviene nella grammatica della lingua parlata o scritta di maggioranza)
▬▬►INSEGNARE LA GRAMMATICA ITALIANA – nel nostro caso - (agli scolari sordi partendo dalla conoscenza della grammatica della lingua dei segni)
▬▬►AIUTARE A “TRADURRE” DAL VISIVO ALLO SCRITTO O AL PARLATO (attraverso esercizi guidati dall’insegnante specializzato)
▬▬►LA MENTE NELLA MANO (significazioni psicocognitive)
▬▬►GLI OCCHI DEL SORDO (significazioni emozionali e percettive)
▬▬►DAL “COGITO ERGO SUM” AL “COGITO ERGO SIGNUM” (significazioni filosofiche)
▬▬►INSEGNARE LA GRAMMATICA ITALIANA – nel nostro caso - (agli scolari sordi partendo dalla conoscenza della grammatica della lingua dei segni)
▬▬►AIUTARE A “TRADURRE” DAL VISIVO ALLO SCRITTO O AL PARLATO (attraverso esercizi guidati dall’insegnante specializzato)
▬▬►LA MENTE NELLA MANO (significazioni psicocognitive)
▬▬►GLI OCCHI DEL SORDO (significazioni emozionali e percettive)
▬▬►DAL “COGITO ERGO SUM” AL “COGITO ERGO SIGNUM” (significazioni filosofiche)
Conclusione: Il linguaggio dei segni con tutte le sue doviziosità visuo-spaziali «già» impregnate nella corteccia cerebrale veicola il pensiero e le emozioni. Utilizzata nell’attività didattica favorisce processi d’apprendimento innovativi, propri del pensiero del sordo.
Renato Pigliacampo
Relazione presentata al Convegno sul tema «La LIS nei processi di apprendimento dello scolaro sordo»
PER SAPERE DI PIU'
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«Bisogna avere il coraggio di amare il Silenzio, scritto con la S maiuscola, perché dietro, tout-court, c’è tutto un mondo di persone “meravigliosamente speciali”, vale a dire bambini e adulti che non possono udire intelligibilmente la parola tramite la percezione acustica. Nel corso dei secoli, a seconda dei momenti, sono stati indicati: sordomuti, sordi, sordastri, non udenti, maleudenti, anacusici, ipoacusici, audiolesi, deboli d’udito, duri d’orecchio, cofotici. Io li chiamo semplicemente persone del Silenzio, miei fratelli: e so che, pronunciandone il nome, mi attribuisco il merito di far parte di quel mondo migliore, che procede con una marcia in più.» (Renato Pigliacampo da Pensieri e riflessioni sul Silenzio)
«La storia è testimonio dei tempi, luce della verità, vita della memoria, maestra della vita» (Cicerone)
«La storia non è utile perché in essa si legge il passato, ma perché vi si legge l’avvenire» (M.D’Azeglio)
«Bisogna ricordare il “passato” per costruire bene il “futuro”» (V.Ieralla) .
Per qualsiasi segnalazione, rettifica, suggerimento, aggiornamento, inserimento dei nuovi dati o del curriculum vitae e storico nel mondo dei sordi, ecc. con la documentazione comprovata, scrivere a: info@storiadeisordi.it.
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"Storia dei Sordi. Di Tutto e di Tutti circa il mondo della Sordità", ideato, fondato e diretto da Franco Zatini